L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro (II puntata)


2) – Antonio Dovico – L’industriosità degli italiani  pre-boom economico, era rinomata nel mondo. Sopravvivevano alle ristrettezze economiche inventandosi attività varie, a seconda della loro indole e del loro potenziale intellettivo – cognitivo. A proposito della capacità di inventarsi  un’occupazione, una cinquantina di anni fa, mi attirò il titolo di un articolo di giornale (forse il Giornale di Sicilia) che sostanzialmente così formulato:  Gli industriali di Palermo. Il titolo era scherzoso: industriali stava per industriosi. Tra questi vi erano quelli che si sguinzagliavano in giro per i paesi ,e con voce cantilenante annunciavano quel che vendevano, o anche quel che acquistavano. L’olio d’oliva vecchio, per esempio, la feccia del medesimo, e anche di vino. I capelli che restavano nel pettine  le donne li conservavano per barattarli con spagnolette, aghi, spilli e cose varie. Migliaia  giravano alla ricerca di rottami di ferro e oggetti metallici di vario genere. Partendo da questa attività apparentemente da accattoni, al nord scaturì la fabbrica INNOCENTI, divenuta famosa per la produzione della LAMBRETTA e anche dei tubi Innocenti. Aveva iniziato il fabbro (mio collega- n.d. r.) Dante Innocenti coi rottami di ferro, continuò l’opera il figlio Ferdinando, e fu per anni la ricchezza di migliaia di operai che trovarono occupazione in un lavoro che creava ricchezza vera, quella cioè  che  figlia ricchezza, e non debiti. Restiamo nel settore dello scooter dove  la concorrenza era molto attiva con la Piaggio, che produceva la Vespa. Anche questo glorioso ciclomotore nacque da materiale di scarto. Finita la guerra, era rimasto un cospicuo numero di compressori per aereo. Ad un ingegnere dell’azienda venne l’idea di dotarli di ruote, e fu lo scooter chiamato Vespa. Svariati milioni di veicoli diffusi in tutto il mondo, e lavoro illimitato nel tempo per migliaia di operai. Il lavoro nasce sempre nella testa di qualcuno, un qualcuno speciale che sa pensare a qualcosa alla quale tanti non hanno  pensato. Mente specializzata “naturalmente”, nell’escogitare idee e progetti di lavoro nuovo. Peculiarità questa, quasi esclusiva dell’imprenditoria privata, per la quale la questione è di vita o di morte. Lo spirito che anima le idee, non può essere intenso nell’imprenditoria pubblica quanto lo è in quella privata. Lo stipendio assicurato appaga e sopisce gli aneliti che nel privato rimangono sempre desti.
Lo Stato ha l’obbligo di dare lavoro?  Se fosse uno stato totalitario dove non esiste la libera iniziativa, lo Stato deve organizzarsi per produrre lavoro fertile, e quindi  distribuirlo equamente tra chi ne è alla ricerca. Invece in un regime democratico di fatto,  nessun ente pubblico può produrre lavoro nelle stessa misura del privato, in  quanto qui opera  il movente personale, cioè il massimo degli stimoli che spinge all’azione. lo Stato chenon crea lavoro, ma inventa occupazione improduttiva, deve sottrarre per necessità risorse vitali all’imprenditoria feconda per sostenere l’impiego sterile. Non è il caso di precisare che nella categoria “sterile”non possono rientrare la Medicina, la scuola, le forze dell’ordine e tutti i servizi indispensabili per i cittadini. La necessità di attingere risorse dal privato, genera difficoltà di sussistenza delle aziende, ed eccole a fare fagotto per de localizzare. E gli operai che restano disoccupati? Se non riescono ad arrangiarsi, ecco che il governo in qualche modo deve sostenerli.
Intanto il debito pubblico cresce e figlia debito. E che dire della concorrenza estera? Si fa sempre più mordente. Una categoria di lavoratori autonomi che non pesava sulle spalle dello Stato, era quella degli artigiani e dei commercianti al minuto. Inglobava diverse centinaia di migliaia di persone, che pur non navigando nell’oro, sbarcavano  il lunario alla meno peggio. Chiamati a dare più lana di quanto potevano allo Stato, decisero di mettersi sotto la sua ala protettrice. Il solito “politico filantropo  illuminato e disinteressato!“ , provvide a trovargli un “posto” nella scuola, negli uffici pubblici, nelle ferrovie: ovunque trovava l’amico giusto per sistemare la faccenda. Lascio al lettore di intuire gli effetti che la pratica poteva produrre. Se non ci arrivasse, si guardi intorno e intuirà.
Ma, ho detto tutto sull’ interpretazione addomesticata del significato semplice e chiaro dell’articolo 1 della Costituzione? Sicuramente no. Ho detto solo quanto basta per capire che l’economia è una bestia  selvatica che non si fa mettere le briglie (u capizzuni) da nessuno. Non ha cuore, e niente la commuove Tira sempre avanti senza versare una lacrima. Lascia che siamo prima noi, vittime innocenti e coscienti a versarla, e in abbondanza. Ma la Nemesi, a tempo debito, presenterà il conto a chi di dovere.
Antonio Dovico

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