E TU QUANTO #CONDIVIDI?


La ricerca riguarda un progetto dal titolo “Quanto Condividi”, nato dalla sinergia fra l’Unità di Analisi dei Crimini Informatici del Centro Nazionale per il Contrasto alla Pedopornografia on-line (CNCPO) del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, il Dipartimento di Psicologia, Sapienza Università di Roma e il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità.

La ricerca è stata condotta con un metodo complesso che ha previsto la somministrazione di un questionario “E tu quanto #CONDIVIDI?” e la conduzione di Focus Group.

L’obiettivo è stato quello di sottoporre agli studenti delle scuole Secondarie di Primo e Secondo Grado alcuni comportamenti, configuranti diverse fattispecie di reato, posti in essere da loro coetanei, in modo da poter esplorare le loro reazioni, le loro convinzioni. A tale scopo è stato costruito un apposito questionario anonimo, utilizzando degli scenari, ovvero brevi storie che rappresentano casi realmente accaduti, giunti all’attenzione della Polizia Postale e trattati dal Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità in quanto reati commessi a mezzo internet.

Ai ragazzi che hanno partecipato all’indagine è stato preliminarmente chiesto quale fosse il loro rapporto con i social network, poi sono stati invitati a leggere gli scenari e per ognuno, a rispondere ad alcune domande inerenti la veridicità della storia, il grado di gravità, se erano state o meno violate delle leggi, e altri quesiti riferiti alla vittima ed altri all’autore.

Sono stati selezionati cinque casi di reati on-line compiuti da minori tra quelli più significativi arrivati all’attenzione del CNCPO, Polizia Postale, i cui esiti sono stati ricostruiti dal Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità resi disponibili dal Dipartimento della giustizia minorile, che riguardano azioni compiute da minori autori di reato. Ogni storia è stata presentata con nomi fittizi e scevra da qualsiasi riferimento al relativo procedimento penale o a elementi che potessero far intuire la posizione di autore e vittima del reato in questione.

Il questionario era finalizzato a indagare due diversi aspetti: sia le “abitudini” di utilizzo e di condivisione, da parte dei ragazzi, di vari materiali (messaggi, foto, video, notizie) sui diversi social (facebook, instagram, twitter ed altri), sia analizzare e capire quanto i minori siano consapevoli dei reati informatici che essi stessi possono compiere o subire e delle possibili implicazioni dei loro comportamenti.

Il campione della ricerca

Il campione della ricerca è costituito da 1874 ragazzi (28,2% della Scuola Secondaria di primo grado e 71,8% della Scuola Secondaria di secondo grado) così suddivisi: 971 ragazzi (51,8%), 856 ragazze (45,7%) mentre 47 non dichiarano il genere (2,5%). I partecipanti alla ricerca hanno un’età compresa fra gli 11 e i 19 anni e un’età media di 15 anni e 4 mesi (DS 1,77); i questionari sono pervenuti da 20 province Italiane.

Sono stati inoltre condotti tre Focus Group, ciascuno con 12 ragazzi dai 14 ai 16 anni.

Che cosa è emerso?

Rispetto all’utilizzo dei social, alla domanda: “Quanto utilizzi i Social Network nel corso di una giornata?”, la frequenza maggiore delle risposte (37,74% e 43,45% provenienti rispettivamente da Scuole di primo e secondo grado) si attesta sull’opzione che indica varie ore al giorno.

Quanto all’utilizzo dei Social Network, 9 ragazzi su 10 dichiarano di usare “Whatsapp” costantemente durante la giornata, mentre 5 ragazzi su 10 della Secondaria di primo grado e 6 ragazzi su 10 della Secondaria di secondo grado, dichiarano di usare “Facebook”. Ed ancora, 5 ragazzi su 10 dichiarano di usare “Instagram” in entrambe le tipologie di istituto, mentre 1 ragazzo su 10, in entrambe le tipologie di istituto, usa “Twitter”.

Infine, 1 ragazzo su 10 in entrambe le tipologie di istituto usa “Ask” e 1 ragazzo su 10 e 2 ragazzi su 10 rispettivamente della Secondaria di primo grado e della Secondaria di secondo grado, usano “Altri Social Media” (figure 1 e 2).

Rispetto alla domanda “Perché usi questi Social Network” i ragazzi hanno risposto in misura maggiore all’opzione “Socializzare” (6 ragazzi su 10 per entrambe le tipologie di istituto) e per “Curiosità” (5 ragazzi su 10 e 6 ragazzi su 10 rispettivamente per le Secondarie di primo grado e Secondarie di secondo grado). Invece, 4 ragazzi su 10 e 3 ragazzi su 10 (rispettivamente di primo e secondo grado) hanno dichiarato di usarlo per “Informarmi” ed infine 1 ragazzo su dieci (per entrambe le tipologie di Istituto) afferma di usare i Social per “Mostrare altri lati di me” e “Flirtare” (Fig.3).

Considerando, invece, il tipo di materiale che i ragazzi condividono maggiormente (i dati si intendono per le Scuole Secondarie di primo e secondo grado) i risultati alla domanda mostrano che: 6 ragazzi su 10 condividono “foto e messaggi”, 2 ragazzi su 10 “video e notizie” e infine 1 ragazzo su 10 “stati/tweet”.

Gli apparecchi che sono utilizzati maggiormente dagli studenti sia per l’uso dei social, sia per la condivisione di materiale sono per 9 ragazzi su 10 il “telefonino”, 2 ragazzi su 10 “tablet e pc portatile” e per 1 ragazzo su 10 “pc condiviso con qualcuno” (Fig. 4)

Rispetto all’accessibilità di altri utenti, al materiale condiviso dai ragazzi, alla domanda: “il materiale che condividi a chi è accessibile?” i ragazzi della Secondaria di secondo grado hanno risposto (35,62%) con l’opzione “tutti”, e con l’opzione “solo utenti del social (29,71) mentre i ragazzi più giovani (37,76) rispondono con l’opzione “solo destinatario” e “solo utenti del social “(22,57).

Risulta evidente che una gran parte dei ragazzi delle Scuole Secondarie di primi e secondo grado resta convinta che i materiali pubblicati in rete hanno diffusione limitata.

Le storie presentate sono:

  1. Erika, una ragazza di 16 anni, ha una storia con Daniele. Viene a sapere che Daniele è uscito una sera con un’altra ragazza e questo le scatena una forte reazione di gelosia. Per verificare la fedeltà di Daniele, Erika apre quindi un falso profilo su Facebook dal quale comincia ad inviare minacce, insulti e molestie al fidanzato e a molti coetanei della stessa comitiva di amici.

  2. Alessia, una ragazza di 14 anni, si fotografa nuda e per gioco invia la foto a tre suoi amici, Giuseppe, Mattia e Riccardo di 16, 17, 18 anni rispettivamente. I tre amici poi diffondono la foto, prima su WhatsApp e poi, insieme ad altre ritraenti altre ragazze, viene pubblicata anche su blog studentesco gestito da una coetanea.

  3. Marco ha 15 anni ed è il fratello di una compagna di classe di Lucia, una ragazza di 13 anni. Cerca di conoscerla e dopo poco inizia a pressarla chiedendole di inviargli foto nuede o video a contenuto erotico. Lucia accetta di inviargli un video in cui compie atti di autoerotismo a patto che lui, dopo averlo visionato, lo cancelli. Dopo un primo invio, Marco ricomincia a pressare Lucia per averne altri. In seguito alle pressioni la ragazza blocca il contatto di Marco su tutti i profili social e lui, per ripicca, diffonde il video che però arriva fino agli Insegnanti della Scuola di Lucia.

  4. Due ragazzi di 16 anni, Simone e Vincenzo, sono protagonisti di un video girato con i loro telefonini mentre consensualmente e contemporaneamente hanno rapporti sessuali con le loro fidanzatine di 15 e 16 anni, Valeria e Rebecca. Mentre Simone non ha fatto vedere i video a nessuno ma li ha conservati nel cellulare per 4 mesi, Vincenzo li invia ad un solo amico, il quale li ha ulteriormente condivisi su WhatsApp.

  5. Fabio ed Edoardo, di 16 anni entrambi, sono considerati responsabili della distruzione della reputazione di Jessica attraverso la diffusione di un video a contenuto sessuale tra Jessica ed Edoardo girato consensualmente. Francesco di 16 anni e Ludovica di 17, intervengono in difesa di Jessica, insultando Fabio ed Edoardo, creando fotomontaggi dove si fanno pesanti allusioni sessuali ai loro danni, minacciandoli di morte e intimidendoli su Facebook.

Le storie sono ritenute dai ragazzi che hanno partecipato all’indagine realistiche, quindi ammettono e riconoscono che possono essere veramente accadute, ritengono anche che siano eventi di una certa gravità, ma che accadono ad altri, difficilmente potrebbero accadere a loro, ai loro amici prossimi.

Un aspetto interessante è dato dalla difficoltà a prevedere le conseguenze di atti anche gravi.

Altro aspetto rilevante che emerge dall’indagine è la tendenza a colpevolizzare la vittima (“in fondo ha consegnato lei le foto… i video…) e a ritenere che abbia provocato la sua vittimizzazione. Inoltre: viene poco riconosciuta l’entità della sofferenza, si riscontra una generale tendenza a rappresentare determinati comportamenti come un gioco.

Infine: vengono ammessi comportamenti di vendetta.

I risultati dell’indagine hanno chiaramente evidenziato una separazione fra aspetti cognitivi, in base ai quali i ragazzi ben riconoscono determinati meccanismi di fondo e quelli emotivi che determinano una illusione che le cose accadano sempre agli altri, che abbiano scarse conseguenze, che non provochino sofferenza e che in fondo si rappresentino quasi come un gioco con effetti del tutto reversibili.

In base ai risultati dell’indagine è stato costruito il “toolkit” per la formazione Safe Web: osservazione e azione per la protezione degli studenti in rete insieme alla Polizia di Stato, costituito da strumenti focalizzati proprio sulla conoscenza degli aspetti razionali, cognitivi e di quelli emotivi utili per coloro che effettueranno programmi di educazione in tema di reati in rete.

Infatti è di particolare importanza nella formazione sui temi del cybercrime e dei reati informatici in generale, usare linguaggi e strumenti che siano costruiti su conoscenze profonde dei meccanismi alla base dei comportamenti problematici. È inoltre rilevante che tali strumenti incidano sia sugli aspetti cognitivi che su quelli emotivi, ben più profondi e difficili da raggiungere.

L’obiettivo generale è essere di aiuto a tutti coloro che sono impegnati nel difficilissimo compito di fornire una educazione emotiva ai giovani navigatori della rete che appaiono incredibilmente abili nel muoversi sui servizi della rete e che mostrano inequivocabilmente le loro fragilità quando si misurano con la sofferenza degli altri e con le gravi conseguenze concrete di azioni virtuali.

Negli anni appare sempre più chiaro che per resistere ai pericoli connessi all’uso delle nuove tecnologie è necessario, non solo aumentare le strategie di auto-protezione delle potenziali vittime, ma anche agire nella direzione di un progressivo potenziamento delle sinergie fra adulti.

Il toolkit Safe Web è stato validato dal Comitato Scientifico del Centro Studi FAR.Web (Centro Studi per la Formazione, Analisi criminologica e la Ricerca) diretto dal Pref. Roberto Sgalla, Direttore Centrale della Polizia Stradale, Ferroviaria, delle Comunicazioni e per i Reparti Speciali della Polizia di Stato e presieduto dalla Prof.sa Anna Maria Giannini, con la partecipazione del Prof. Massimo Ammaniti, della Prof.sa Rita Scardaccione, della Prof.sa Anna Costanza Baldry, del Prof. Nicolais, del Prof. Violani, del Prof. Ferracuti e del Vice Presidente dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, Prof. Pietro Stampa.

Si pone l’obiettivo di costituirsi come uno strumento utile a supportare gli adulti significativi, e in primis gli insegnanti e i genitori, nell’orientarsi nella gestione concreta di casi di rischio on-line: in 6 capitoli specifici vengono illustrati vari fenomeni di abuso di minori via internet, così come emergono dalle indagini svolte dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni, indicando, caso per caso, quali misure urgenti e pratiche possono essere prese per massimizzare la tutela delle vittime e l’esigenza investigativa reale di individuazione degli autori del reato.

Il cyberbullismo, il sexting, l’adescamento on line, la condivisione in rete di disturbi alimentari, il gioco online, l’autolesionismo e altre forme di disagio adolescenziale trovano in rete il modo di essere espresse e tristemente amplificate: nel toolkit esse vengono affrontate ed elaborate con suggerimenti che riguardano strumenti video utili a promuovere nei ragazzi una riflessione diretta e mediata dalla supervisione degli adulti.

La recente approvazione della Legge n.71 del 29 maggio 2017, recante “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”, apre la strada ad un’organizzazione sistemica delle azioni preventive e repressive di fenomeni complessi, borderline con la devianza minorile, come il cyberbullismo: il Compendio Safe Web offre sin da ora una panoramica dei principali fronti di rischio attuale per i minori, scegliendo di affrontare, nell’eterogeneo mondo di opportunità d’uso delle nuove tecnologie da parte dei giovani, quei fenomeni che possono, con maggiore probabilità, manifestarsi a scuola.

Questa breve pubblicazione nasce come uno strumento che può rendere più chiaro quale sia il ruolo che gli adulti possono svolgere quotidianamente, in sinergia, in relazione ad un rischio così multiforme e difficile da decifrare per un mondo adulto “immigrato digitale”.

Si tratta di un compendio “aperto” poiché si compirebbe un errore nel ritenere di avere oggi tutte le risposte utili alla protezione dai rischi per i minori on-line: ogni nuovo servizio di internet, ogni nuova App, ogni supporto informatico che si afferma tra i giovani apre infinite prospettive di progresso e nuovi fronti di rischio concreto per i giovani internauti.

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