“Quando un uomo”, la vita di Giuseppe Navone


Salvino Cavallaro – Sembra una storia d’altri tempi, di un altro mondo così lontano da noi, che ci racconta com’erano quegli uomini che hanno vissuto l’immediato secondo dopoguerra. Un contesto sociale difficile che aveva il sapore del volere ricominciare tutto d’accapo per ricostruire ciò che si era distrutto durante il periodo bellico. Era come tirarsi su le maniche e non avere timore della fatica, dei sacrifici, del lavoro che era l’orgoglio di raccogliere un giorno i frutti sperati. Una filosofia di vita che si connaturava alla rettitudine di tanti uomini di buona volontà di allora. Il Dr. Giuseppe Navone, torinese doc, imprenditore edile e dirigente del Torino Calcio, fu l’emblema di quell’Italia che si affidò a uomini veri come lui per programmare il futuro. La scrittrice Elena D’Ambrogio, moglie di Giorgio che è figlio del compianto Giuseppe Navone, traccia la biografia di un uomo le cui spiccate capacità professionali si intersecano al suo alto valore umano, così capaci di manifestarsi attraverso le relazioni anche con le persone più umili. Il libro di cui stiamo parlando si intitola “Quando un uomo” edito da Cairo Publishing, la cui prefazione è stata scritta dal giornalista e scrittore Vittorio Feltri, direttore di Libero. Una testimonianza carica di ammirazione in uno spaccato dell’Italia della rinascita. E chi meglio di Elena D’Ambrogio poteva descrivere la vita di Giuseppe Navone, non solo per essere sua nuora ma anche perché è riuscita a entrare nell’anima di un personaggio che per certi versi è davvero irripetibile. I suoi studi in economia ne esaltano le qualità professionali ricavate anche da professori quali Luigi Einaudi, suo docente in quella università che per Giuseppe Navone è stata palestra di rettitudine, di impegno culturale e senso del dovere. Esattamente quello che poi è stato nella vita e nel lavoro, quando ha manifestato la voglia di vivere anche attraverso la sua passione sportiva per il Toro. Una fede che gli ardeva dentro fin da bambino, mentre da adulto divenne dirigente in aiuto della ricostruzione dopo la tragedia del Grande Torino. Già, “La ricostruzione”. E’ stato il motivo portante della sua vita, il suo destino, qualcosa che era legato alla sua persona, al suo fare e a quell’operare che significava sempre ripartire dal nulla. Il suo nome è legato all’ultimo scudetto conquistato dal Toro nel 1976, quando fu il vice del presidente Orfeo Pianelli. Ma anche se questa sua carica dirigenziale nel Torino Calcio di allora gli diede grande notorietà, Giuseppe Navone è anche ricordato per avere subito un sequestro di persona in uno sfondo dell’Italia degli anni settanta che segnarono il periodo oscuro del terrorismo. Anni di piombo che s’infiltrarono tra le pieghe dell’anima di questo imprenditore edile, tracciando un’esperienza personale molto forte e indimenticabile sotto il profilo umano. Un percorso di vita che potremo dunque leggere tra le pagine del libro “Quando un uomo”, dove il rigore per un’esatta documentazione non oscura la delicatezza poetica che è tipica di scrittrici di grandi qualità letterarie come Elena D’Ambrogio.

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