Carmelo


 
 Antonio Dovico –  Carmelo è un mio vicino di casa, è più giovane di me ed è rimasto orfano di padre quand’era ancora bambino, e, di madre, giovanissimo. Aveva il vizio del fumo, ed era raro vederlo senza la sigarette in bocca, o tra le dita. Il verbo all’imperfetto non significa che egli è morto, no. E’ il vizio che non c’è più, fortunatamente. Però, la sua impronta l’ha lasciata, eccome!
 
 
Infatti, Carmelo sta facendo terapia anticancro, ed è gonfio come se fosse stato punto da uno sciame di api. E’ gonfio, forse consapevole di ciò che lo aspetta, ma tranquillo. Tanto che neppure in una distaccata conversazione sul tema cancro, mi sentirei di rinfacciargli la sua colpa, quasi certa, del suo male. Penso che mi risponderebbe con la massima nonchalance: “Dovico, e chi se ne frega: tanto prima o poi dobbiamo morire”. Sì, così mi risponderebbe, perché non si mostra disperato per il male che lo condanna.
 
   Tuttavia, si sottopone a tutte le cure. Accetta la morte, ma gradirebbe di più la vita.
 
Raccontava ad una coppia – io presente – che in ospedale devono bucarlo almeno venti volte prima di trovare la vena giusta. Il che non è affatto piacevole. Né è piacevole restare immobile per ore, senza il minimo movimento per evitare che l’ago fuoriesca. “Ma per amore della salute, tutto si fa”. Questa sua frase fu galeotta.   Come si fa a non cogliere l’occasione per ricamarci sopra un discorsetto? Ed eccolo, il discorsetto.
 
   Tutti constatiamo l’impotenza delle nostre parole di avvertimento, ogniqualvolta vediamo una persona cara incamminarsi su una strada pericolosa, che porta dritto dritto alla propria rovina. Come minimo, quando non ci risponde con un insulto, ci risponde di pensare ai fatti nostri, che ai suoi ci pensa da sé. Ben a ragione, in questi casi, si può dire di essere in presenza di uno stolto. Non ci sono parole per farlo rinsavire. Meglio lasciargli il… tempo per maturare.
 
   Immancabilmente ciò avverrà, ma pagando a caro prezzo la maturazione. Mutate le condizioni, ci si trova in presenza di un’altra persona. In lei si è realizzata una metamorfosi del pensiero e della lingua. L’irrisione per le parole di consiglio, ha lasciato il posto ad una sommessa speranza, e ad una ragionevolezza mai manifestata prima.
 
   Come si capisce, in questa conclusione c’è una morale. Lascio a chi legge il piacere di ricavarsela.
 
   Antonio Dovico                                                                                                             
 
     2 aprile 2002
 
 
Carmelo, atto secondo
 
 
Ieri numerosi castanesi siamo scesi a Sant’Agata per partecipare ai funerali di Carmelo. Non aveva neppure 54 anni, ma questo particolare interessa poco alla signora in nero che non si lascia impietosire da niente e da nessuno. Ogni tanto, però, la Spietata trova pane per i suoi denti in chi la snobba, oppure, nel caso di Carmelo, in chi la buggera affidandosi negli ultimi momenti a Dio.
 
Certamente deve essere rimasta con un palmo di naso quando s’è presentata, falce in mano, e anziché suscitare spavento e supplicazioni, ha visto la sua preda rivolgersi a Dio con una fede insospettabile in un personaggio come lui. Quante volte un moribondo ha la forza di fare il segno della croce pronunciando parole di alta ispirazione divina come le seguenti: “Signore, perdonami: sto arrivando”. Allora, non il dolore ma la gioia? Tanto grande è la misericordia di Dio negli ultimi istanti della nostra vita?  Sia lodato Gesù Cristo!
 

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