“L’è tutto sbagliato….l’è tutto da rifare”


Foto Urbano Cairo —

Salvino Cavallaro – Una frase storica pronunciata da Gino Bartali nel momento in cui, dopo aver lasciato il ciclismo, fu intervistato dai giornalisti per chiedergli una sua opinione su questo o quel ciclista. Ebbene, quasi sempre il “Ginettaccio toscano” rispondeva con quella che fu poi l’emblema delle cose che vanno male “L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”, argomentando poi con proprietà il suo pensiero. E noi abbiamo voluto prendere a prestito questa frase per argomentare il momento tenebroso di un Torino che ha perso la sua luce (ma l’aveva trovata?). Oggi abbiamo letto l’intervista del presidente Urbano Cairo rilasciata a Radio Deejay, in cui assolve l’operato del club e di Walter Mazzarri, dando ogni responsabilità di tale situazione negativa del Toro soltanto a Mihajlovic.A fine campagna acquisti eravamo tutti contenti” dice il patron del Toro “poi qualcosa si è inceppato e cambiare allenatore in corsa è stato inevitabile. Purtroppo contano i risultati e quelli non sono venuti, tuttavia, non vedo tutta questa negatività che qualcuno descrive, visto che quando andammo in Europa avevamo gli stessi punti di oggi. Certo, la sconfitta di Verona ha fatto male, ma ne mancano 11 e se ripartiamo dal primo tempo di Roma possiamo fare un buon finale. Non posso chiedere a Mazzarri ciò che pensava Mihajlovic, perché questa non è la squadra impostata e voluta da lui”. Già, ma chi ha voluto Mihajlovic e chi ha voluto Mazzarri? Il presidente Cairo resta il capo in testa di ogni decisione finale e quindi è giusto che prenda le sue responsabilità sulle varie decisioni del suo club. Se è vero che il patron del Toro ha giustamente l’ultima parola su tutto ciò che riguarda la vita del Torino calcio, è altresì vero che se qualcuno in seno alla società è preposto a dargli consigli, dovrebbe avere la capacità di allontanarlo. Certo, chi ha la facoltà di entrare nelle segrete stanze ne saprà più di noi. Ma i nostri “se” sono legati a una logica dovuta a troppi anni di errori, che sembrano quasi studiati apposta per restare ad essere sempre evidenziati come anonimi della Serie A. Ma se possiamo permetterci un consiglio per costruire una squadra con obiettivi adatti al nome e alla grande storia del Torino, diciamo di individuare lo zoccolo duro dell’attuale rosa e dopo averlo attentamente valutato, adottare la politica dei giovani con coraggio. Aspettarli a maturare, significa anche non disperdere nel nulla un potenziale che il Torino ha. In fondo è sbagliato tentare tutti gli anni la scalata all’Europa con questo o quell’allenatore, questo o quel calciatore che possa sostituire quei partenti che hanno dato modo di incassare dei quattrini nelle casse della società. Delusione per delusione ci si affidi ai giovani con pazienza, inserendoli gradatamente in un contesto che possa dar loro fiducia e consapevolezza di ciò che significa la responsabilità di indossare una maglia che ha qualcosa di particolare, di diverso. Giovani fatti in casa come Buongiorno, Rivoira e poi il croato Butic, ottimo erede del “Gallo” acquistato dall’Inter, (a proposito, complimenti a chi ha caldeggiato il suo arrivo al Toro Primavera) per non parlare di altri ragazzi granata che stanno facendo bene attraverso la maestria e l’intelligente umiltà del tecnico Federico Coppitelli (altra figura da tenere in conto per la panchina della Prima Squadra), sono la garanzia di un patrimonio da custodire e sfruttare, allontanando l’idea di una eventuale maturazione fuori dalle mura granata. In fondo, sarebbe come ritornare a rispecchiarsi su quell’antica tradizione di società scopritrice di talenti che è stata prima in Italia e forse anche d’Europa. Si rifletta dunque su questo argomento in casa granata, così potremo dire che in fondo non è proprio – “Tutto sbagliato e tutto da rifare”-

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