LA SCUOLA COLABRODO, DISPERSIONE SCOLASTICA PIU’ ALTA IN SICILIA, ULTIMA IN EUROPA. ABBANDONI E DEVIANZE GIOVANILI IN AUMENTO


 

Ogni ragazza e ogni ragazzo escluso dai percorsi di istruzione e formazione è un’occasione persa per il Paese, e ciò è tanto più vero in territori in cui la povertà educativa può rendere i più giovani ancora più a rischio. Per questo stiamo cominciando ad intervenire, partendo proprio dalle aree con maggior dispersione. “Desidero innanzitutto esprimere il mio vivo apprezzamento – ha detto Bussetti – per l’iniziativa di oggi che vede esponenti politici, rappresentanti ed esperti del mondo della scuola impegnati in un confronto pubblico e costruttivo sul tema della dispersione scolastica. Una questione che chiunque abbia a cuore la scuola, e, soprattutto, le ragazze e i ragazzi che questa scuola frequentano, conosce bene nelle sue implicazioni sociali, economiche, generazionali”. 

Prende la parola il Presidente della Commissione Cultura della Camera, Luigi Gallo (M5S). “Per combattere il fenomeno della dispersione, dice, occorre ridare motivazioni agli studenti, che spesso a scuola si annoiano anche perché non hanno stimoli ed opportunità per stare insieme al di là delle ore di lezione: per questo si dovrebbe puntare prioritariamente sul tempo pieno e la diversificazione delle attività.
Cita il caso di un giovane ex camorrista che, uscito dal carcere, ha costituito una associazione per combattere il degrado e la devianza partendo dalla scuola, attraverso interventi di sensibilizzazione degli studenti.
A sostegno dei soggetti deboli dovrebbe operare un’apposita équipe nazionale interdisciplinare, che dovrebbe poi attivare équipe locali di professionisti che affianchino gli insegnanti per il trattamento dei casi più difficili. Questa proposta è contenuta, insieme ad altre, in una ricerca promossa dal M5S, intitolata “Cultura 2030”, che sarà presentata il prossimo 9-10 ottobre al Senato. L’obiettivo è quello di rilanciare il concetto e la funzione della “comunità educante”.

Il quadro disastroso della scuola italiana è quello dipinto con efficacia dal dossier di Tuttoscuola”, ha detto poi Valentina Aprea, responsabile scuola di Forza Italia, già sottosegretario con il ministro Moratti, presidente della Commissione Cultura della Camera nella XVI legislatura e assessore all’istruzione e lavoro della Regione Lombardia, dal 2012 al 2018. “Ma non è vero – ha aggiunto -, che siano mancate strategie volte a combattere la dispersione, soprattutto al Sud. Il vero problema della scuola italiana è il suo immobilismo”. Ricorda che alcune iniziative innovatrici, pur contenute nella legge 53 del 2003 in materia di Alternanza scuola-lavoro e di valutazione, sono avanzate faticosamente e solo recentemente stavano cominciando a produrre risultati, che però ora sono messi a rischio dalla retromarcia annunciata dell’attuale maggioranza. “Guai se tornate indietro”, ha detto Aprea rivolgendosi al senatore Pittoni, responsabile scuola della Lega, che le sedeva accanto. “Voi rischiate di riproporre la vecchia maturità, basata sul primato delle conoscenze a scapito delle competenze”. Lo stesso errore contenuto nel lancio delle lauree professionalizzanti, che confermano il predominio assoluto dell’università, centrata sulle conoscenze, nella formazione terziaria, a scapito del modello alternativo costituito dalla creazione di una filiera tecnico-professionale parallela e autonoma. Allargando il suo attacco al governo giallo-verde la parlamentare ha poi criticato la svalutazione della laurea e di tutto quanto fatto negli ultimi 20 anni per consolidare la formazione iniziale dei docenti implicita nella difesa aprioristica dei diplomati magistrali. Nella parte finale del suo intervento Aprea ha rilanciato il modello educativo adottato dalla Lombardia, che spostando l’accento dall’insegnamento all’apprendimento ha valorizzato tutte le filiere formative, comprese quelle professionalizzanti, aprendo ai giovani, anche a quelli più a rischio che si iscrivono ai Centri di Formazione Professionale, migliori prospettive di formazione e di lavoro. “C’è un piano B per i giovani”, ha concluso, non c’è solo quello rappresentato dal “reddito di cittadinanza”.

 

Andrea Smith

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