Tra luci e ombre, Sanremo 2019 continua nel suo incedere


Salvino Cavallaro – C’è chi lo critica aspramente e chi è più morbido nel proprio giudizio, ma il Festival di Sanremo è sempre là a farsi bistrattare, esaltare, schiaffeggiare e poi accarezzare. E’ nella sua storia, è nel suo destino artistico di kermesse musicale che non potrà mai accontentare tutti, ma che tutti guardano e giudicano con curiosità e molto interesse. A tenere conto degli ascolti registrati in queste prime tre serate di Festival sotto il segno del trio Baglioni, Raffaele, Bisio, si può notare una leggera flessione rispetto all’anno scorso. Ma è un sintomo di poco significato, poiché “mamma” Rai continua a essere giustamente soddisfatta del suo spettacolo di punta della stagione, che da sempre è garanzia di attesa di ogni italiano. La terza serata del Festival ha registrato 9 milioni e 409 mila spettatori, pari al 46,7% di share. Niente male per uno spettacolo canoro che procede tra luci e ombre. Male la prima, discreta la seconda, migliorata la terza serata, in cui è cominciato a emergere ciò che tanti si aspettavano prima; e cioè le gag di Virginia Raffaele e Claudio Bisio i quali sono sembrati inizialmente limitati dalle loro caratteristiche artistiche, per essere relegati nel ruolo di lettori di un gobbo che snocciola la scaletta fatta di ripetitivo regolamento e poi di cantanti e canzoni. Tuttavia, ciò che invece si deve apprezzare è il lavoro del direttore artistico Claudio Baglioni, (tacciato da Striscia la Notizia di conflitto d’interessi) il quale in questa edizione ha voluto rimarcare il desiderio di armonia da riportare nelle case degli italiani. Non più politica o fatti di attualità che potrebbero sfociare in questioni scottanti di allusiva responsabilità di governo, ma le canzoni, i testi e le melodie che devono essere il focus di una kermesse troppe volte opacizzata da significati non proprio inerenti lo spettacolo musicale. E così Sanremo si riprende ciò che gli appartiene, che è insito nella sua storia, nella sua cultura, nel suo diritto di offrire un prodotto di qualità e soddisfare i più disparati gusti musicali, dal pop, al soul, al jazz, al blues, al black metal e persino alla melodia napoletana rappresentata quest’anno da Nino D’Angelo e Livio Cori. Un insieme di generi che enfatizzano il senso del Festival di Sanremo, capaci di intersecarsi a testi importanti e profondi come quelli scritti e cantati da Simone Cristicchi, in cui si decanta l’inno alla vita con il titolo – Abbi cura di me – E poi l’ospite d’onore come Alessandra Amoroso, che a seguito della standing ovation del pubblico in sala, è stata capace di piangere ed emozionarsi su quel palco che resta sempre emblema di sensazioni da brividi. Così riappare anche l’essenziale, il gusto imprescindibile di qualche lacrima di gioia, dell’emozione e dei sentimenti cantati che sono l’espressione più eclatante dell’inguaribile romanticismo italiano. Ecco, diremmo proprio che questo Festival di Sanremo targato per la seconda volta da Claudio Baglioni, abbia centrato il vero significato di questa nostra kermesse musicale che tutto il mondo ci invidia e ci riempie di legittimo orgoglio. Tuttavia, come dicevamo pocanzi, nell’ambito della programmazione è stata penalizzata l’attesa di imitazioni e varietà che Virginia Raffaele e Claudio Bisio avrebbero potuto dare se avessero avuto più spazio. Ma si sa che il contenitore del Festival prevede tempi troppo lunghi, in cui la pubblicità con le sue reiterate interruzioni che penalizzano la narrazione, allunga i tempi e portano gli appassionati di Sanremo a stare svegli fino a notte fonda. Pro e contro, luci e ombre che si rincorrono tra loro. Questo è il Festival di Sanremo, cui siamo legati da 69 anni.

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