“Non ho mai estorto denaro. Ho fiducia nella magistratura”. Il pianista Pappalardo Fiumara respinge tutte le accuse


Il maestro Gianfranco Pappalardo Fiumara, rimesso in libertà dal tribunale del Riesame, che ha annullato l’ordinanza del gip, respinge tutte le accuse e, attraverso una nota, ricostruisce l’intera vicenda.

Don Luigi Privitera, parroco della Chiesa S. Matteo di Trepunti, mi ha contattato in chat con il suo nickname. Sin da subito ha saputo il mio nome, cognome e la carriera di concertista internazionale. Lui, invece, si è presentato con nome e cognome falsi, Gianluca Monchi, docente di storia dell’arte, sposato con figli. Diceva di avere la moglie al nord, e che lui era ritornato in Sicilia poiché aveva ottenuto una cattedra. Oltre a frequentare abitualmente siti e chat gay è stato lui a venire a casa mia, senza alcun tipo di costrizione. Anzi, nel rapporto, c’era una feticistica compiacenza fatta di rituali, in cui anche il denaro assumeva una funzione umiliante, che veniva vissuta come forma di espiazione. Non conoscendo ancora la sua vera identità il fatto mi ha incuriosito. Nella denuncia il prete fa invece riferimento ad estorsioni consumate, delle quali tuttavia mancano le prove. Nego infatti di aver mai preso un euro da lui, anzi, al contrario, il docente/prete ha avuto da me qualche regalo. Con il passare del tempo il suo comportamento è diventato ossessivo. Sono iniziati appostamenti e minacce. Ho dovuto quindi allontanarlo per evitare problemi nella mia vita privata. La scoperta fortuita, dopo mesi, della vera identità del sedicente professore di storia dell’arte, ha provocato in me delusione e rabbia nei confronti di quell’uomo che mi aveva minacciato ed ossessionato. Dopo un po’ di tempo ho quindi contattato il prete, in quanto desideravo che lo stesso, si scusasse per il suo comportamento e per aver nascosto la sua identità. Dopo un’iniziale resistenza ad incontrarmi, il parroco mi ha dato appuntamento in canonica. In chiesa ho avuto un approccio affettuoso nei suoi confronti, ma Don Luigi, che aveva predisposto tutto, nel primo quarto d’ora ha cercato in tutti i modi di indurmi ad accettare dei soldi, e, dinanzi ai miei rifiuti, ha continuato a provocarmi. Alla fine il prete ha fatto un ultimo tentativo di mettermi dei soldi in tasca, ma io gliel’ho tirati in faccia e me ne sono andato.

I carabinieri mi hanno sottoposto immediatamente ad una perquisizione piuttosto irrituale, come hanno notato alcune persone presenti nelle vicinanze, ma non mi hanno trovato addosso nemmeno un euro.

Certamente la credibilità del prete, che ha mentito sul nome, sul cognome, sulla professione, sullo stato di famiglia e quant’altro, è pari a zero. Le prime cose che si richiedono al parroco di una chiesa sono moralità e affidabilità, e ad esse don Luigi è venuto meno. In questa storia ci sono troppe cose che un prete non dovrebbe fare e le sue bugie sono state troppe. Io, invece, non ho fatto voto di castità e non posso essere condannato per il mio orientamento sessuale. Per quanto mi riguarda ho fiducia, come l’ho sempre avuta,

nell’operato della magistratura, che certamente farà chiarezza su una storia del tutto personale, nella quale non vi è nulla di quanto asserito dal sedicente professore di storia dell’arte, poi scoperto essere prete”.

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