MILAZZO, FORMICA E SINDACATO CSA AI FERRI CORTI. DIALOGO INTERROTTO BRUSCAMENTE CON ACCUSE RECIPROCHE E MINACCE DI AZIONI A TUTELA DI CONTRATTISTI E LAVORATORI


Una situazione molto seria che necessita di dialogo e di disponibilità tra le parti. Contrattisti e dipendenti stabili hanno diritto a tutte le tutele previste dalla leggi vigenti e secondo il Csa non possono essere accusati di essere corresponsabili dello sfascio del Comune. Le cause vere vanno cercate altrove e in tempi lontani e anche prossimi, altrimenti si colpiscono le fasce più deboli che non c’entrano nulla. In tutta questa situazione ciò che dà maggiormente all’occhio è il lungo sonno dei sindacati confederali (Cgil, Cisl e Uil) e la loro inerzia. Quel che c’è da fare comunque è la stabilizzazione urgente dei contrattisti (le leggi ci sono, anzi ce ne sono a iosa. Basta applicarle) che non è lavoro di un giorno ma richiede tempo e dedizione completa. 

 

 

 

Giuseppe Stella – Che la situazione del Milazzo, dei contrattisti e dei dipendenti tutti fosse di una gravità enorme lo sapevano, e lo sanno, anche i muri del “Palazzo”, ma che si giungesse al punto di addebitare la colpa delle carenze amministrative (bilanci da esitare ancora in alto mare) – come sostiene il sindacato Csa – ai contrattisti e anche al personale di ruolo, questo non lo immaginava nessuno. La paralisi amministrativa in cui si è cacciata la nostra Città non è certo una novità ma risale a varie legislature fa e il default è stato ipotizzato e portato avanti per la prima volta dall’Amministrazione Pino sulla cui gestione l’editrice Agim di siciliapress.it ha persino scritto un libro-inchiesta dal titolo “Milazzo, gli anni bui del default (2010/2015)” nel dicembre 2015; libro che ha descritto la dolorosa vicenda del Comune passo passo, riportando vari articoli (documentati), già pubblicati su siciliapress.it, con sentenze della Corte dei conti, Tar e Cga, oltre che con documenti del ministero degli Interni e di altri Organi istituzionali superiori d’allora. L’attuale Sindaco, nel fare la sua campagna elettorale, si era detto contrario alle tesi del suo predecessore, la cui richiesta di dichiarare il fallimento era stata pervicacemente osteggiata dai consiglieri del centro-destra, che in quegli anni erano maggioranza e avevano optato per la nuova legge salva-comuni appena approvata. Il Prefetto di allora aveva nominato per questo un Commissario che si era sostituito ai Consiglieri e aveva dichiarato il dissesto, poi fatto rientrare con una sentenza che sosteneva che la competenza spettava esclusivamente al Consiglio. Insomma, una situazione abnorme che di fatto lasciava alla nuova amministrazione subentrata, quella dell’attuale sindaco Formica, il cerino acceso in mano.

L’ Amministrazione Formica, subentrata a quella del sindaco Carmelo Pino nel giugno 2015, contrariamente a quanto sostenuto in campagna elettorale, nel giro di pochi mesi, avendo la maggioranza in Consiglio fece invece dichiarare il default e iniziò così la procedura prevista in questi casi. Subito dopo, sempre il precedente sindaco promosse persino un comizio per riferire ai concittadini che le sue tesi erano giuste e che aveva dunque fatto bene a volere quel dissesto. Le cose però dopo non andarono per il meglio: del bilancio del 2014, conti di competenza della vecchia amministrazione, e che riguardavano proprio l’anno compreso nel dissesto, non si riusciva a capire granchè e solo dopo anni venne approvato perchè dovevano essere fatti accertamenti accurati e veritieri, anche in base a giustificativi di spesa che non si comprende se c’erano o mancavano. Anche il consuntivo del 2015 era di competenza, per metà anno, della gestione Pino ma Formica doveva approvarlo. Un passaggio di consegne in “Una situazione di caos contabile”- così definito dalla Corte dei conti – che successivamente accusò persino l’attuale amministrazione e i consiglieri (fatti recenti) di mancati controlli, irrorando persino sanzioni pecuniarie individuali salate. Cosa questa che rientrò subito per le giustificazioni motivate di tutti nei ricorsi che produssero e che fu accantonata. Fatti non sussistenti. Ma la stessa Corte dei conti non disse poi di chi fosse la responsabilità dei mancati controlli fino al giugno del 2015 (e anche dopo?). Se non dell’attuale amministrazione di chi? Mistero.

Intanto, a causa di quel primo default e di conti che probabilmente non tornavano, e da quel che risulta non tornano ancora, o non sono facili da ricostruire perchè “caotici” (sempre espressione della Corte dei conti), Milazzo sta patendo le pene dell’inferno proprio per quei bilanci mancanti (che non sono pochi) e il sindaco Formica, che di fatto insieme alla sua giunta è responsabile di questa situazione, anche se denuncia giustamente tutti i giorni che non ha personale qualificato dal punto di vista amministrativo e non può fare assunzioni in mancanza dei documenti contabili, è come se fosse sulla graticola da anni, in pressione continua perchè i bilanci in un comune sono una cosa serissima e indispensabile, soprattutto in un Comune con 2 fallimenti in itinere.

Ritornando al problema dei dipendenti accusati dal sindaco di essere anche loro responsabili della situazione amministrativa in cui versa la Città, Formica rimanda al mittente (il Csa) le accuse, giustificando il suo atteggiamento, con quella nota pubblicata ieri dal nostro giornale con tanto risalto. Il sindacato però dichiara di voler procedere con ogni azione a tutela del personale se entro 15 giorni non ci sarà una convocazione per l’apertura di un tavolo tecnico. Formica ha già risposto duramente, dichiarando di non voler incontrare il sindacato e di continuare a lavorare per risolvere la questione.

In questo contesto s’inserisce la decisione politica dei consiglieri che riuniranno i loro capigruppo per decidere cosa fare.

In particolare, il Consigliere Alesci, che da mesi sollecita l’Amministrazione Formica sulla questione dei contrattisti, in una nota diramata alla stampa afferma di “uscire dai personalismi e di lavorare nell’interesse di questi lavoratori che non possono arrivare a dicembre col timore di andare a casa. Il sindaco – continua Alesci – non scarichi sul Consiglio le sue responsabilità per ritardi o inadempimenti della macchina amministrativa ma fissi un cronoprogramma delle cose da fare. Non in maniera generica ma con date e scadenze ben precise, impegnadosi a rispettarle”.

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