L’ultimo atto d’amore tra Anna e Pietruzzu. Narrazione di una storia incredibile


Foto: Pietruzzu e Anna.

Ma che cos’è mai questo pallone che va in rete e ci fa gridare “GOOOOL”, che ci fa abbracciare, piangere di gioia e di delusione. Che cosa sarà mai questo fiume di parole che scriviamo giornalmente per enfatizzare questa vittoria o demonizzare quella sconfitta. E che sarà mai questa vita che prima ti dà e poi ti toglie tutto. Sono pensieri che in questi giorni mi assalgono dopo la morte dell’amico Pietruzzu Anastasi. Così ripercorro i momenti vissuti insieme anche a sua moglie Anna, al loro tenersi per mano, al loro vivere l’uno per l’altra. Un amore duraturo cominciato quel primo giorno in cui Pietro, appena arrivato a Varese dalla sua Catania, conobbe quella ragazza che poi è diventata l’amore della sua vita. Una vita felice vissuta insieme tra le luci abbaglianti del calcio professionistico giocato prima a Varese, poi a Torino, Milano, Ascoli e poi ancora durante la fine di una splendida carriera, che ha avuto il sapore di quella ricerca di tranquillità e di “normalità” di vita varesina meritata dopo tanto girovagare. Ma la Juve gli frullava sempre in testa a Pietruzzu, la seguiva da spettatore televisivo e sporadicamente anche allo stadio. Gli amici, il ritrovo alla pasticceria siciliana di Varese del suo grande amico Enzo, catanese come lui, rappresentavano il motivo di trovarsi in un ambiente accogliente, costruito come se fosse una piccola Catania, tra arancini, cannoli, torte siciliane e ogni altro ben di Dio. Pietruzzu e Anna sempre insieme prendevano l’aperitivo, sentivano l’affetto intorno a loro, incuranti del tempo che passava ma felici di intendere un quotidiano fatto di calore, di amore. Qua e là, tra le pareti della loro casa, si scorgono ancora le fotografie e i poster di Pietro, dei suoi trofei conquistati in carriera, dell’Onorificenza di Cavaliere della Repubblica che era stata consegnata a tutta la Nazionale Italiana dopo quella notte allo Stadio Olimpico di Roma in cui, grazie anche al suo bellissimo gol in mezza rovesciata sancì la vittoria contro la Jugoslavia e il titolo di Campioni d’Europa. Sì, proprio quella magnifica rete di Pietruzzu che ancora oggi resta una pietra miliare curata nella storia indelebile del calcio italiano. E poi le icone degli anni del loro incontro, il matrimonio, i figli, i nipoti, la famiglia che rappresenta il senso della vita. Tutto parla di loro, tutto è vita vissuta insieme.

Intanto la Sicilia li aspetta tutti gli anni in estate, ed è qui che nascono altre relazioni e amicizie che si moltiplicano e si aggiungono a quelle di un passato ormai remoto, come quel vecchio amico catanese di Pietro che è venuto a trovarlo per rievocare insieme il vissuto calcistico dei tempi della Massiminiana. Tanti chilometri in macchina sotto un caldissimo sole per arrivare da Catania a Rometta, il paese della provincia di Messina dove Pietruzzu e Anna venivano tutti gli anni. Un luogo ideale per sentire la vicinanza del mare, per vivere l’alba e il tramonto, il silenzio del mattino rotto soltanto dal volo dei gabbiani e poi la tranquillità della sera, in cui dopo la cena consumata a base di pesce spada cucinato alla griglia e un buon bicchiere di vino bianco rigorosamente portato da Varese, ci si sistemava in terrazzo per giocare una rilassante partita a carte. Intanto passa il tempo, Pietruzzu si ammala e gli viene riscontrato un tumore che deve essere subito estirpato. Poi, come se non bastava, i medici rilevano la terribile diagnosi della SLA. Un fulmine a ciel sereno, un maledetto segno del destino che si è accanito quasi per chiederti il conto di quanto ti ha dato in passato. Pietruzzu soffre ed è ormai debilitato dalla malattia che non gli dà scampo. Anna gli è accanto e in un primo tempo, d’accordo con i figli, nasconde la verità fino a quando il suo Pietro resosi conto della sua situazione chiede alla moglie un ultimo gesto d’amore: “Mi devi promettere che mi fai morire”. Anna resta interdetta ma capisce la grave situazione attraverso l’atroce sofferenza fisica di Pietro i cui muscoli si sono atrofizzati e fa tanta fatica a respirare. Così racconta la moglie Anna ai media:“E’ arrivata una dottoressa, una persona splendida, ha parlato con mio marito e gli ha prospettato la sedazione con una puntura. Si sarebbe addormentato e non si sarebbe più svegliato. E’ andata così, ed è avvenuto tutto rapidamente”. Sentire queste parole mi fanno venire i brividi, perché mi fa pensare come la vita in un attimo cambi tutto. I gol, gli abbracci, la celebrità, i lunghi momenti mediatici sotto i riflettori della popolarità, Varese, Torino, Milano, Ascoli e poi il simbolo del siciliano venuto al nord per una vita migliore, gli amici, gli affetti e tanto altro svaniscono in un momento, in un solo attimo. Ma qual è mai il significato di questo nostro venire al mondo, se a un certo punto la vita stessa ti mette in condizione di aggrapparti all’amore per aiutarti a morire. “Mi devi promettere che mi fai morire”, questo ha chiesto Pietruzzu nello sfinimento della sofferenza ad Anna, l’amore della sua vita.

Salvino Cavallaro

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