Oriana Fallaci


Antonio Dovico – I giornali di oggi fanno “festa”. E’ morta la regina dei giornalisti. Colei che quando pubblicava un libro o un articolo di giornale, agitava le acque imputridite per la lunga stagnazione, e dovevano passare giorni prima che si ricomponessero. I maliziosi vorranno pensare all’invidia che suscitava nei colleghi il successo infallibile di tutto quanto usciva dalla penna della Fallaci, ma nella mia intenzione la festa si riferisce alle abbondanti pagine pubblicate da numerosi quotidiani.

“Libero”, per fare un esempio, le dedica undici  pagine.

Che  per la propria originalità la scrittrice giornalista meritasse tanta attenzione, non si mette in discussione. Qualunque argomento trattasse, i suoi non erano articoli che consentivano al lettore di concedersi una … vacanza. Andavano letti e basta.

La passione che metteva nello scrivere non poteva non coinvolgere, per condividere o per dissentire. Del resto non era facile assumere una posizione in un senso o nell’altro. Poteva essere un angelo o un demonio nello stesso tempo. Sia l’uno che l’altro hanno le ali.

Si può essere atei e cristiani nel medesimo tempo? Se Dio non c’è, chi ha generato il Cristo?

Oppure si sentiva cristiana come ci si potrebbe sentire cheguevariani? Credo che nessuna persona abbia vissuto una vita di contraddizioni, come l’ha vissuta lei. Il suo egocentrismo, l’idea indeformabile che aveva di se stessa, la superbia intellettuale, facevano di lei una persona unica e sdegnosa,  insuperabile nelle appassionate requisitorie contro il nemico di turno.

Alla categoria  di lettori che non amano la codarda prudenza del giornalista che fa intuire il proprio pensiero, ma lo affida a uno zefiro anziché ad una folata, per non rischiare i crucci dei potenti, i suoi articoli piacevano. Al palato, però. Oltrepassata la gola, “lo smistamento” ai vari organi interni si rivelava complesso. Ancor più complicata la “distillazione” degli umori. Molto il materiale di scarto. Uscendo dalla metafora: una giornalista di fama internazionale, che può fare leva sulla stessa per dare il “cibo” che fa crescere interiormente l’affezionato lettore  (tanto affezionato da seguirla nelle sue scorribande ideologiche) è consapevole della responsabilità che si assume facendo prevalere la passionalità sulle fredde realtà della vita? E in tema religioso, è prudente proiettare un’immagine Fallace del cristianesimo? Cara Oriana, che cosa ti innamorava di Gesù Cristo, il suo programma sociale? Il suo progetto  redentivo? I suoi impetuosi rimproveri agli ipocriti, ai farisei, a coloro che facevano mercato nel tempio?

A giudicare dalle tue invettive, si direbbe di sì.

Ma anche a te, come a me credente e cristiano praticante, sfugge la peculiarità più rilevante del Dio incarnato: l’umiltà. Questo è il massimo insegnamento che Dio attraverso l’umile nascita di Gesù e la sua vita terrena dà all’umanità. Insegnamento, e croce pesante al medesimo tempo.

Ora cara Oriana, tirando i conti della tua vita, tu grande reporter e grande intervistatrice, non ritieni che hai impiegato male la tua presa sui lettori nel campo educativo? Se avessi abbandonato la tua superbia intellettuale, potevi assurgere, col tuo esempio, a roccia di salvezza per quei naufraghi della vita che come te non hanno incontrato per tempo la strada di Dio, inoltrandosi per sentieri bui e tortuosi.

Tu a Dio credevi più del Papa, altrimenti questi non sarebbe stato nulla per te. E neppure avresti voluto monsignor Fisichella al tuo capezzale per tenerti la mano nel tempo del trapasso, se non avessi saputo di quale Signore egli fosse al servizio.

Tu hai scritto “Dio, Dio perché non esisti?”, perché sapevi benissimo che esisteva quando tu peccavi e lo bestemmiavi, e speravi che non esistesse. Dio si agitava dentro di te e ti suggeriva di scagliare tuoni e fulmini contro i suoi nemici. Lo hai fatto. Ma i fulmini mancavano di quel fertilizzante che si chiama Umiltà della Fede. Una fede dimezzata è infeconda.

 

Che peccato che grandi giornalisti fiorentini del calibro di Montanelli, Fallaci, Spadolini, respirino quell’ aria intellettualistica malefica che spira a Firenze.

Chissà però, se il ricordo dell’articolo canzonatorio scritto da Renato Farina in morte di Spadolini, non abbia persuaso la Fallaci a convertirsi  in tempo, tanto da chiedere  il Viatico per il grande Viaggio. Da buon cristiano, Renato Farina placherebbe il proprio rimorso per aver irriso il convertito dell’ultima ora, Giovanni Spadolini.

 

Capo d’Orlando, 16 settembre 2006

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