Il dramma del terremoto, tra crolli, polvere e paura


Salvino Cavallaro – Proprio in questo periodo dell’anno, in cui entrando nei vari cimiteri con il nostro mazzolino di crisantemi tra le mani onoriamo il ricordo dei nostri cari defunti, le riflessioni sul senso della vita e della morte si moltiplicano in maniera legittima. Chi più, chi meno, si sofferma sull’espressione di quella fotografia affissa davanti alla tomba per immergersi nei ricordi ancora vividi di quell’affetto perduto. E proprio in questi giorni la cronaca ci mette di fronte al dolore della distruzione provocata dal terremoto che ha colpito Umbria, Marche e vari punti dell’Appennino Centrale Italiano. Scene di disperazione che si ripetono con maligno gusto di un evento naturale, cui ancora quella branca della geofisica chiamata sismologia, non ha ancora dato una risposta circa la previsione dei fenomeni. Tuttavia, riteniamo che l’uomo attraverso la ricerca del migliorare le tecnologie moderne nel settore della prevenzione, possa e debba fare di più. Sono discorsi che vengono immancabilmente alla luce dopo ogni fenomeno sismico in cui si moltiplicano le scene di disperazione nel perdere ogni cosa in un attimo. Ed è successo che in una mattina del 30 ottobre 2016 alle 7,41, il sisma si facesse ancora vivo con impietosa forza d’urto che i sismologhi hanno registrato pari al 6,5 della scala Mercalli. Uno sciame sismico spaventoso che ha distrutto tutto, case, chiese, campanili, opere d’arte. L’Italia centrale è nel panico. Norcia, sede dell’epicentro, è praticamente rasa al suolo come altri piccoli paesi che stanno intorno. Le crude immagini di distruzione per fortuna non parlano di morte, ma ci riferiscono di feriti, di terrore, di un fuggire che sa di panico e di istintivo senso del correre disperato che è significativo di paura non controllata. Le suore di clausura della Basilica di San Benedetto di Norcia fuggono dal convento. Sono vive e questo sa davvero di miracolo. Sono tanti i momenti che ci colpiscono, e sono innumerevoli gli sguardi e gli atteggiamenti di avvilimento che scaturiscono legittime da una popolazione e una terra martoriata dai continui terremoti che non lasciano scampo. Sembra l’Italia del dopoguerra, cartoline ormai ingiallite dal tempo che ci ripropongono scene simili in cui tutto è distrutto e bisogna risorgere per ricominciare. Come? Intanto la politica deve fare la sua parte unendosi oltre ogni pregiudizio, rispolverando quelle straordinarie culture che fanno capo al cattolicesimo solidale. Un tema d’attualità che i movimenti migratori di questi ultimi anni ha messo in evidenza come elemento scomodo, cui l’Europa e la sua unione non di fatto ha preferito trattare con evidente emulazione delle scelte che furono di Ponzio Pilato. Così, questa nostra Italia ricca di opere d’arte, di luoghi di culto e di grande storia che dovrebbe essere salvaguardata assieme al senso di umanità verso i popoli, viene dimenticata e lasciata andare al suo destino. E intanto la terra trema sotto le scosse d’urto imperiose che si sprigionano maniera egoistica ed esaltatrice di uno sfogo naturale che mette in mostra tutta la nostra fragilità. E’ lo specchio di un’Italia che si riflette in un territorio ad alto rischio sismico, ma che non è stato mai curato sotto l’aspetto della prevenzione nella costruzione di opere antisismiche, nel tentativo di salvaguardare l’immenso patrimonio storico – artistico e culturale. Sono discorsi che rispolveriamo sempre in queste occasioni. Momenti che sollecitano la nostra emozione davanti a scene di disperazione, che la storia dei terremoti del nostro Paese ci ha abituati a vivere in maniera tragica e troppo poco concreta nell’essere pronta a difendersi. Sì, perché non può essere sempre tutto imputato ad un imprevedibile tragico destino, ma la politica e le Istituzioni Europee devono prendersi la responsabilità dei morti e delle macerie che sanno di un periodo storico in cui si evidenziano storture, inefficienze, iniquità e menefreghismi dilaganti, che sono in contrasto con la logica del fare per il bene comune. E intanto la terra trema, si spacca, si aprono voragini che feriscono il cuore della gente comune che ha perso tutto, tranne la dignità e le lacrime da versare attraverso quella preghiera impolverata ma carica di speranza di quell’Umbria mistica, in cui sono vissuti Santa Rita da Cascia e San Francesco d’Assisi.

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