Umberto Veronesi, oncologia e senso di umanità


Salvino Cavallaro – Chissà perché quando penso a personaggi come l’oncologo Umberto Veronesi, mi rifugio sempre nell’idea che certi grandi uomini come lui debbano essere immortali. Questo perché la caratura della sua alta professionalità di scienziato devoto alla ricerca contro il cancro, mi fa pensare a un uomo attento alla cura degli altri e quindi immune da ogni pericolo di vita derivante da qualsiasi patologia. Un pensiero assurdo che non tiene conto del tempo che passa e, soprattutto, del fatto che nessuno possiede il tallone d’Achille per essere immortale. Peccato, perché per il bene dell’umanità queste persone dovrebbero non invecchiare mai, stare sempre bene e quindi non morire mai. E così, all’età di 90 anni, si è spenta la luce dell’uomo che più d’ogni altro è stato il simbolo di una ricerca consapevole di tante difficoltà, ma caparbia nella convinzione che un giorno la parola cancro non farà più paura. Così si è espresso Pier Giuseppe Torrani presidente AIRC e FIRC: “Umberto Veronesi faceva parte di una generazione di medici che hanno fatto la storia della medicina italiana e che sono cresciuti all’interno dell’Istituto Tumori di Milano, il primo luogo di cura che ha approcciato la malattia oncologica con l’occhio della modernità”. Già, un uomo e un professionista che ha speso tutta la sua vita a umanizzare le cure oncologiche, imprimendo una cultura medica attenta ai bisogni del paziente. La sua attività clinica e di ricerca, parla in particolare del suo impegno a sconfiggere e curare il carcinoma mammario, prima causa di morte per tumore della donna. Fondatore e presidente dell’Istituto Tumori di Milano, Umberto Veronesi ha ricoperto il ruolo di direttore scientifico emerito dell’Istituto Europeo di Oncologia dal 1976 al 1994, ed è stato anche Ministro della Sanità dal 2000 al 2001 nel Governo Amato. Oggi ci lascia in eredità un patrimonio di avanzamento culturale che deve proseguire la strada da lui solcata, perché il mondo ha bisogno di scienza e ragione. Una ragione che è fatta di pensiero filosofico, ma anche di forza e determinazione nel credere fermamente in una lotta che si potrà vincere soltanto attraverso la ricerca scientifica con la partecipazione di tutti. Ricordo che il Professor Veronesi non aveva mai un timbro di voce alterato. Sempre misurato e attento a non illudere nessuno, ma con la consapevolezza di una speranza che diventava sempre più certezza, almeno per alcune forme tumorali prese tempestivamente sul nascere. In una recente intervista, prima di lasciare l’incarico di direttore scientifico dello IEO, ha ricordato i suoi trascorsi professionali di una carriera che l’ha visto operare 30 mila donne, 300 mila visitate, con 5 milioni di vite salvate grazie alla sua tecnica di operazione. “Era un giorno d’estate, io ero un giovane assistente. Il responsabile era in ferie. Toccò a me”. Il racconto della vita del Professor Veronesi comincia così, continua nel mondo del dolore e finisce in un tristissimo giorno di novembre 2016. Proprio lui che è stato il promotore della rivoluzione del cancro al seno, lui che ci ha dato lumi sull’importanza di una dieta vegetariana e sull’eutanasia, lui che ha sostenuto che nel tumore della mammella non è sempre necessaria l’asportazione, lui che ci ha insegnato l’importanza di credere nella ricerca scientifica per credere nel futuro. A lui che tutto questo è stato, non possiamo che dire grazie di averci sensibilizzato a continuare il percorso culturale e scientifico di una patologia che oggi ci spalanca le porte del futuro.

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