La strage di Las Vegas ripropone interrogativi sociali inquietanti


Salvino Cavallaro – Nella città dove le luci non si spengono mai, le tenebre hanno smorzato la vita di 59 innocenti e offuscato la serenità quotidiana di 527 persone ferite. Stephen Paddock il killer pensionato di 64 anni che dal Mandalay Bay Hotel di Las Vegas ha sparato all’impazzata sul mucchio di tante persone che stavano assistendo a un concerto di musica country all’aperto, ha riproposto quesiti umani e sociali che sono inquietanti e che in verità non sono mai stati opacizzati in mondo che appare sempre più violento; gratuitamente violento. Si dirà che negli Stati Uniti d’America è troppo facile comprare e utilizzare armi attraverso quella liberalizzazione che non ha motivo d’essere, viste le cause cui è possibile andare incontro. Ma la cosa che più ci fa riflettere è come la mente umana possa improvvisamente esplodere nella pazzia più aberrante e irrefrenabile, senza un se e senza un ma. Così, in maniera repentina, Stephen Paddock (che aveva evidentemente programmato tutto, visto che a suo fianco aveva un arsenale di mitraglie e fucili di ogni genere), si lascia andare in un’accecata, furiosa, irragionevole voglia di uccidere. Eppure lì, proprio in quella Las Vegas che da sempre è considerata l’icona del divertimento sfrenato, delle luci che non si spengono mai, dove la notte equivale al giorno per quei casinò, quelle slot machine colorate da mille lampadine e quei locali che fanno pensare alla perdizione di vivere, si è consumata la morte di persone innocenti che non facevano male a nessuno. Quella folla radunata lì davanti al palco, aveva voglia di ascoltare la musica che è vita, come vita è pure alzarsi al mattino e fare qualsiasi cosa che giustifichi la legittima libertà della persona in quanto tale. Ma c’è sempre qualcuno che abbraccia l’essenza del male nella sua sostanza più gratuita, obbrobriosa, infamante. Follia? Forse! Ma che cos’è mai la pazzia, se non il processo di concause che conducono all’irragionevolezza? Pensiamo che la società moderna debba chiedersi perché l’uomo stia trascendendo sempre più alla deriva di un quotidiano fatto di violenza, rancore, odio. Fatti che sono sotto gli occhi di tutti, basta vivere le giornate, aprire la finestra e vedere cosa accade nel mondo. Se non è terrorismo è violenza verbale che sfocia anche in rissa politica, sportiva, sociale. C’è sempre una motivazione valida per aggredire, per far male, per cercare l’offesa gratuita. Si diceva delinquenza, ma la società moderna ci ha insegnato che la violenza del quotidiano è frutto di un disagio dell’animo umano che negli anni si è incancrenito a causa di una conduzione di vita che non sempre possiamo definire di buona qualità. Troppe ansie, troppi problemi legati a un mondo che sembra più nemico della consapevolezza di ritenere la vita un bene prezioso, unico e irripetibile. C’è troppa banalità di pensiero, troppa superficialità nel distinguo di cose che meritano rispetto, approfondimento, amore. E così l’insoddisfazione di vita è spesso preda di illusioni che si rifugiano nella droga che ha il potere di non darti nulla e prenderti tutto, cervello compreso. Non possiamo sapere cosa sia passato per la mente di Stephen Paddock in quella notte che probabilmente aveva preparato da tempo; questo, nessuno potrà mai saperlo. Quello che invece pensiamo è che il suo gesto di pura e irrefrenabile follia, sia causa di un mondo che non dà respiro e che è carico di quella frenesia del male che scivola sempre più in una discesa senza freni inibitori. E quante volte, noi che siamo parte di questa società, abbiamo fatto promesse di migliorarci per consegnare alle nuove generazioni un mondo migliore, una vita consapevole della sua bellezza e unicità. Proviamoci, anche se la strada da percorrere è oggettivamente ripida. Ma vale sempre la pena di vedere il mondo con più chiarezza e fiducia.

 

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