Attilio Andriolo. Dopo il bisturi, la penna


Salvino Cavallaro – Il bisturi, come compagno inseparabile della sua professione di medico chirurgo. La penna, intesa come mezzo di comunicazione e informazione giornalistica, è la sua vera passione. Così, Attilio Andriolo medico chirurgo di lungo corso, dopo aver terminato la sua esemplare carriera professionale presso l’ospedale di Milazzo, s’inoltra nel mondo giornalistico con la competenza e la passione dei migliori professionisti della carta stampata. Il suo interesse per il calcio legato soprattutto alle vicende del pallone milazzese e non solo, l’ha portato ben presto a intensificare il suo impegno di scrittore e giornalista sportivo. Un amore nato in sordina, ma che, poco per volta, ha assunto quelle dimensioni tipiche di chi sa individuare in se spiccate caratteristiche naturali che, nel mestiere di giornalista, si manifesta attraverso il “sacro fuoco”. Una passione che ti arde dentro fin dal giorno in cui sei nato, e che non accenna a spegnersi neanche davanti ai tanti problemi che la vita quotidiana ti presenta. Animo sensibile e rispettoso dei valori umani, Attilio manifesta all’occorrenza tutto il suo diniego verso le ingiustizie in genere ed è capace di esprimerle con chiarezza e senza mezzi termini nella consapevolezza che certe idee debbano essere rese pubbliche denunciandole a viso aperto, senza timore di offendere nessuno e, soprattutto, rendendo un buon servizio per il miglioramento della collettività. Sono valori che si addicono soltanto a un tipo di giornalismo senza padroni, mai servile e che, purtroppo, oggi non è facilmente riscontrabile. Così scriveva il giornalista Giuseppe Fava: “ Io ho un concetto etico del giornalismo. Un giornalismo fatto di verità che impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, sollecita la costante attuazione della giustizia, impone ai politici il buon governo. Se un giornale non è capace di questo, si fa carico di vite umane. Un giornalista incapace, per vigliaccheria o per calcolo della verità, si porta sulla coscienza tutti i dolori che avrebbe potuto evitare, le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, le violenze, che non è stato capace di combattere”. Personalmente sono molto contento di avere ritrovato Attilio Andriolo dopo tanti anni, pensate che c’eravamo lasciati da bambini e frequentavamo insieme la scuola elementare nella sezione C dell’indimenticato maestro Francesco Iannello. Il tempo è passato da allora, sì, è trascorso in maniera inesorabile, ma lui, il buon Attilio, è rimasto sostanzialmente uguale. Serio, riflessivo, educato, rispettoso degli altri, ma capace di mordere chi non rispetta le regole e chi vuole fare il furbo danneggiando gli altri senza ritegno. Lui è modello di rettitudine ed etica professionale, che manifesta attraverso la sua onestà intellettuale durante il suo vivere quotidiano. Oggi, come dicevamo prima, è giornalista sportivo della carta stampata ed è capace di esprimere, attraverso la sua penna brillante, concetti concreti e al contempo tecnicamente appropriati nel descrivere i valori calcistici della sua Milazzo. E, in questi ultimi tempi, in Attilio Andriolo abbiamo riscontrato anche un miglioramento straordinario nell’intervista a grandi personaggi di ieri e di oggi dove, con naturalezza, è capace di porgere domande mai banali e, soprattutto, mai finalizzate al raggiungimento di notizie che sollecitino gratuitamente la morbosa curiosità del lettore. Insomma, una grande New Entry per il giornalismo a Milazzo. E, se è vero che la chirurgia milazzese “perde” un serio professionista è altresì vero che il giornalismo si appropria di una figura che saprà dare nel tempo un apporto mediatico rilevante. Benvenuto tra noi, caro Attilio. Ad maiora!

E’ passato qualche anno dal giorno in cui ho scritto questo articolo dedicato al Dr. Attilio Andriolo e, rileggendolo con il senno di poi, ritrovo nell’attualità ciò che avevo scoperto in lui, professionista del bisturi, amante del calcio e della letteratura, come pure della poesia che fa parte del suo bagaglio umano fatto di sensibilità e voglia di scavare sempre nel profondo delle cose. Oggi lo rivedo insignito del Premio “Melina Freno Crisafulli” per la poesia – “Non amerò” – da lui scritta con la solita partecipazione d’animo. Attraverso le fotografie scattate al momento del premio presso la Sala Bandiere del Comune di Messina, percepisco tutta la sua legittima soddisfazione, l’emozione e l’orgoglio di avere conquistato un riconoscimento che gli dà modo di uscire da un anonimato che gli sta stretto per le sue qualità letterarie. Non posso fare altro che complimentarmi pubblicamente, verso un caro amico attento e sensibile verso le vicissitudini umane del nostro tempo.

Salvino Cavallaro

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