23 cm. di rotaia si distacca e l’Italia crea i martiri della fatica


Salvino Cavallaro –  Ti alzi al mattino che è ancora buio per cominciare sul quel treno una giornata di lavoro. E’ la vita dura di chi raramente alza la voce perché sa che di questi tempi avere un lavoro è importante ancor più che in passato. Per sé, per la propria dignità, per la propria famiglia e per quei figli frettolosamente abbracciati al mattino, prima di affidarli all’asilo o alla scuola elementare. Sì, sfuggevoli baci e carezze perché c’è fretta e non si può perdere quel treno che parte alle 5,35 dal proprio paese, per essere in città e cominciare il lavoro rispettando l’orario.
Sono madri e padri che sanno affrontare il sacrificio di un viaggio – lavoro che significa appartenere a quella categoria di pendolari che partono da casa al mattino presto, tornano con lo stesso buio di quando sono partiti e poi ripartono il mattino dopo. Sempre così, sempre stressati, sempre silenti e pensierosi guardano oltre il finestrino l’iniziare di quell’alba che annuncia il nuovo giorno di lavoro. Ma l’Italia che fa? Già è troppo impegnata a fare campagna elettorale, a promettere tutto e di più, mentre su quel treno che da Cremona portava al lavoro la gente che conosce la fatica di vivere, per il distacco di 23 cm di rotaia e il deragliamento dei convogli sui quali viaggiavano, hanno perso la vita tre donne e ferito altre 46 persone, di cui cinque in modo molto grave. E’ l’Italia che si sgretola davanti a infrastrutture obsolete, inaccettabili disattenzioni e mille altri problemi di natura economica e sociale, che in questi giorni vengono tutti risolti a parole e con proclami che sembrano davvero togliere qualsiasi
preoccupazione agli italiani, che sono chiamati al voto del prossimo 4 marzo. Corsi e ricorsi storici di disastri che avrebbero potuto essere evitati e che invece hanno causato delle vittime innocenti. Una rete ferroviaria che a parte l’innovazione dell’alta velocità, non tutela i pendolari che giornalmente viaggiano assiepati in vagoni che spesso sono di vecchia generazione e linee ferrate che per inadeguatezza, non sono in grado di garantire la sicurezza.
Cosa molto grave, questa, che mette in luce l’incapacità di un Paese rimasto indietro nell’adeguamento delle infrastrutture. La mappa degli incidenti ferroviari in Italia, ci informa che sono stati 62 le gravi sciagure successe da fine Ottocento ad oggi, con 1200 vittime. Infatti, prima dell’incidente ferroviario avvenuto a Pioltello, ricordiamo i più recenti deragliamenti di Rometta in provincia di Messina (2002), quello di Viareggio (2009) e lo scontro tra due treni avvenuto lungo la Bari – Barletta che provocò la morte di 23 passeggeri. Uno stillicidio di sciagure a seguito delle quali non si è mai fatto un effettivo miglioramento strutturale, affinché certi drammi non si ripetano più. E così, mentre assistiamo alla continua mancanza di sicurezza in un Paese in cui tutto è lasciato andare senza un’adeguata capacità gestionale, la politica ci inonda di demagogia. Certo, adesso aspetteremo per l’ennesima volta il proseguimento delle indagini e i processi che accerteranno le varie responsabilità del deragliamento del treno dei pendolari lombardi. Ma delle famiglie dei morti, dei figli che non vedranno più la loro mamma, che ne sarà?

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