Sergio Marchionne e il coraggio di andare controcorrente


Salvino Cavallaro – Chi come me non è molto incline alla materia finanziaria ed economica, intesa come fatto quotidiano di cui non si può fare a meno, non può che apprezzare l’atteggiamento e la conduzione manageriale di chi ha saputo dare un futuro a Fiat Chrysler. Sergio Marchionne, morto all’età di 66 anni, dal 2004 è stato alla guida di quello che fu l’impero di Agnelli. Già amministratore delegato della SGS di Ginevra nel 2002, Marchionne cominciò a specializzarsi con successo nel salvataggio di imprese, azzeramento del debito e rilanci economici di mercato. Una conduzione amministrativa di alto rango, dove i numeri ottenuti hanno sempre parlato a suo favore, così nella SGS di Ginevra che fu sanata in soli due anni, come nel gruppo FIAT di cui divenne amministratore delegato nel 2003. Poi, nel 2009, visto il successo ottenuto in termini di risanamento aziendale con FIAT, Sergio Marchionne tenta di acquisire attraverso altri importanti gruppi automobilistici europei per non rendere il gruppo torinese secondo al mondo. Un po’ come dire che essere primi è l’unica cosa che conta veramente per costruire un impero attraverso il lavoro, inteso come passione capace di sfociare in vocazione. Così l’Amministratore Delegato della Fiat, in quell’anno ha approfittato della grave crisi economico– finanziaria che ha coinvolto il mondo intero, per effettuare lunghe e travagliate trattative con i sindacati e il governo statunitense per acquisire Chrysler. Detto, fatto.

Il 10 giugno 2009 FIAT acquista il 20% di Chrysler, diventando holding controllante di tutto il gruppo statunitense. La Fiat è diventata FCA (FIAT CHRYSLER AUTOMOBILES) scalando i vertici del mercato automobilistico mondiale a livello aziendale e imponendosi come società primaria nell’affidamento finanziario delle borse di tutto il mondo. Tutto questo, grazie all’opera costante e forse anche un po’ convintamente testarda dell’operato di Sergio Marchionne, il quale si è sempre ritenuto un uomo solo proprio nella circostanza di certe decisioni aziendali, che talora sono anche apparse impopolari. Proprio come quando fu costretto a stilare una serie di stabilimenti FIAT da chiudere o ridimensionare per la vita stessa dell’Azienda, tra cui lo stabilimento di Termini Imerese in Sicilia, che occupava quasi 2000 dipendenti. Non fu una scelta semplice, anche perché tutto ciò, a cavallo di gennaio e febbraio 2010, provocò un aspro dibattito tra i vertici della casa automobilistica, i sindacati e il governo italiano. In quel periodo si discusse molto sull’opportunità di tenere aperto lo stabilimento siciliano e di incrementare gli incentivi statali per il settore auto. Ma Sergio Marchionne insistette per la chiusura dello stabilimento, tra aspre prese di posizione da parte della FIOM che denunciò l’abbandono dei lavoratori da parte di FCA. Ma il programma di avanzamento aziendale dell’AD di FCA, teneva conto soltanto dei fatti concreti riguardanti la vita del colosso industriale, pur nella consapevolezza del sacrificio per la perdita di tanti posti di lavoro. Fu il coraggio di andare controcorrente in una realtà lavorativa, quella siciliana, già fragile sotto il profilo occupazionale. Ma il programma di Marchionne prevedeva senza se e senza ma, che la scalata alle vendite internazionali di FCA fosse supportata da una tendenza culturale atta all’ammodernamento del mondo del lavoro. Una sorta repentina di coraggioso cambiamento epocale, capace di sradicare strutture obsolete ed antichi metodi lavorativi poco inclini a velocizzare gli obiettivi da raggiungere. E’ come se Marchionne volesse capacità produttive sveglie, veloci e consapevoli di non farsi superare mai dalla diretta concorrenza. Era il suo cruccio, la sua forza di manager moderno di alto prestigio, in un’Italia del lavoro che rispetto agli Stati Uniti d’America appariva culturalmente indietro anni luce. Ecco, direi che questo è stato il cavallo di battaglia vincente dell’AD Sergio Marchionne, capace di essere l’emblema di tanti giovani imprenditori cui si chiede coraggio, forza e capacità di raggiungere in tempi brevi e attraverso gli investimenti, i vari obiettivi di miglioramento aziendale che si sono prefissati. Il lavoro inteso come passione, quasi come vocazione personale che va oltre la logica dell’essenziale per vivere. Questo era Sergio Marchionne, dirigente d’azienda italiano naturalizzato canadese che ha guidato il profondo rinnovamento della FIAT.

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