Incoscienza o muta consapevolezza di gravità?


Salvino Cavallaro – Pensate cosa potrebbe essere Milazzo se tutti i cittadini, dopo aver preso coscienza definitiva che quell’aria irrespirabile è causa di morte, chiudessero la porta di casa ed emigrassero in qualsiasi altro posto del mondo. Intendiamoci, non è che altrove non si muore, ma almeno c’è statisticamente la certezza di una migliore qualità di vita. Non c’è un giorno in cui non leggiamo titoli di giornale sulla città mamertina, in cui non si parli di aria irrespirabile di natura industriale che ammorba diverse zone del luogo e dintorni. Dalla Piana del Mela alle varie zone di Milazzo come il Ciantro, San Giovanni, Acqueviole, è uno stillicidio di puzza che penetra nei polmoni e si dirama in tutto il corpo. E mentre il Levante guarda disarmato la fuoriuscita fumogena della vicina industria, il Ponente sembra quasi nascondersi dietro la speranza di essere riparato dal vento. E pensate se per eccesso tutti si convincessero di scappare via lasciando soltanto l’industria, lo scarico continuo dei fumi cancerogeni e anche il Comune di Milazzo a gestire che cosa? Il nulla! Roba da fantascienza ma che potrebbe essere possibile nella realtà, perché con la vita non si scherza e non c’è industria che tenga, se quel suo raffinare petrolio significa attentare la salute delle persone. Tuttavia, ritornando alla realtà, pensiamo che i cittadini non andranno mai via in massa da Milazzo, perché le radici di una vita trascorsa nel luogo natio sono sempre radicate saldamente al territorio e sono difficili da sradicare. Qualche giovane ci riesce per ovvi motivi di ricerca affannosa di lavoro, ma la stragrande maggioranza della gente resta a guardare quasi inerme una situazione di morti continue che sono ormai sotto gli occhi di tutti. Dunque, nessuno fa niente. Nessuno prende la responsabilità di andare al cuore del problema, pur con tanti dubbi sulle cause di morte che ormai sono diventate certezza. Sì, perché quel micidiale scarico di fumi maleodoranti sono causa di malattie, malformazioni e morte. Taranto come Augusta e Milazzo. Stesso film di vita quotidiana, anzi di morti che soltanto le istituzioni del luogo hanno sulla coscienza. Sembra quasi che aprire questo capitolo scottante dal punto di vista sociale, sia come andare a toccare qualcosa di innominabile che rappresenta un vero tabù. E sembra che anche il solo parlarne sia come urtare la suscettibilità dei potenti di chissà quale Potere. Ma la vita è una sola e irripetibile. Tutti lo sanno e nessuno lo mette in pratica cercando una qualità di vita migliore. Pensate quante città, paesi, borghi d’Italia, vorrebbero avere la bellezza di una Milazzo baciata dal sole e dal mare da una punta all’altra della penisola. E pensate quanto lavoro ci sarebbe se si investisse nel turismo e si desse sfogo alle bellezze naturali di questa città, che potrebbe essere da esempio a certi luoghi d’Italia in cui si cura con l’artificiale ciò che la natura non ha dato. Eppure, là dove l’artefatto è intelligente, si rende capace di attrarre i turisti che non sono mai di passaggio ma si fermano, consumano, approfittano dell’ottima organizzazione alberghiera che è preparata ad accogliere i clienti con l’intento di farli ritornare. Discorsi, riflessioni, idee che si perdono nella notte dei tempi in una Milazzo che agonizza, che è conscia dei gravi problemi mai risolti e incapace di rivendicare la vita senza abbandonarsi alla morte. Sappiamo che alla fine non cambierà nulla e che purtroppo leggeremo ancora per tanti anni quello che non vorremmo più vedere e sentire. Milazzo è unica. Peccato non saperla gestire come si dovrebbe!

 

Articoli simili