Antonio Dovico – Un innamorato della Democrazia, era il defunto Presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Egli sosteneva che E’ MEGLIO la peggiore delle democrazie della migliore di tutte le dittature. Facendo salva la venerazione di Pertini da parte di un certo popolo, non esprimo l’opinione di un poveraccio come me, ma gli oppongo quella di un certo Platone (chi era costui?) espressa venticinque secoli fa. Il processo ingiusto che a voce di popolo condannò Socrate (sorvolo sul corale “crucifige” che condannò Gesù!) , il più giusto degli uomini, lo convinse che la democrazia fosse un sistema corrotto, non perché fossero corrotti i politici, ma perché intaccato dalla retorica e dalla demagogia. Il derivato moderno di questa parola assume un nome preciso: C l i en t e l i s m o ! Uno scagnozzo ignorante senza arte ne parte, ma ambizioso e di lingua seducente, decide di darsi alla politica. E’ di cia tosta, e con i giusti agganci ottiene la candidatura ad una carica politica. Grazie alle sfacciate promesse fatte a chi lo aveva votato, eccolo adoperarsi a procurare il p o s t o a chi lo aveva promesso. Attenti lettori, posto e lavoro non sono parole equivalenti, perché il posto consuma ricchezza mentre il lavoro la produce. Chi è avvezzo a ragionare, si rende conto che la democrazia fondata sul principio che uno vale uno, è quanto di più errato si possa concepire, quando il criterio si riferisce all’uomo. L’uomo non è un oggetto inanimato di serie, come possono essere i birilli, tutti uguali nelle dimensioni, nei colori e nel peso. L’uomo è intelligenza, è anima ed è cuore. Per convenzione umana, il cuore è sede del sentimento. Organo ribelle al controllo della razionalità, questo.
Mi soffermo sull’attualità che negli anni recenti ha lacerato i politici italiani, a proposito dei migranti. Salvini applica la razionalità della mente, la quale deve tenere conto della forza dei numeri freddi, mentre la parte avversaria lo contrasta con le ragioni del cuore, che non sono secondarie, tutt’altro Il dilemma è inquietante, perché i due fattori in contrasto sono entrambi robusti. Dal livello dei capi si discende alla categoria del popolo, per convenzione un livello dove la capacità di discernimento sarebbe, come è ovvio che sia, inferiore. A questo punto, si rende necessario l’intervento di un fattore terzo. Qual’ è, e come si chiama? E q u i l i b r i o !
Non sempre c’è in natura, come avviene per la razionalità e il sentimento; però, coniugando saggiamente i primi due, possono generare l’equilibrio. Allora, uomini di buona volontà, rimbocchiamoci le maniche e diamoci da fare. Mettiamoci alla ricerca di questo fattore equilibratore; e una volta trovato, diffondiamolo con convinzione e concediamoci la speranza che funzionerà. Se questo non avverrà, non illudiamoci che potranno funzionare i singoli brandelli di quello che era un sano progetto.
Antonio Dovico
O2/10/2019