Quando la Sicilia rafforza i sentimenti di amore e odio


Tra le tante cose lette in questi giorni, sono stato attratto dalla lettera di una giovane siciliana che si definisce “una siciliana qualunque”, in cui manifesta sentimenti profondi di amore e odio, soprattutto quando a dovere abbandonare l’isola sono le persone a lei care. “Sei riuscita a farne scappare via un altro” dice Roberta Delia (questo è il nome della ragazza che scrive la lettera alla Sicilia) con l’amarezza di chi si è vista allontanare il proprio fidanzato “lasciato andar via troppo facilmente” come tanti altri figli di questa terra, sempre più povera di risorse umane e materiali. Queste parole hanno risvegliato in me trascorsi che, pur relativi ad anni passati e generazioni diverse, mi fanno pensare come il tempo non abbia cambiato il pensiero su una bellissima terra che non è mai risorta sotto l’aspetto occupazionale, capace di incrementare certe radici che affondano in ognuno di noi e si irrobustiscono soprattutto quando non ti allontani dalla terra che ti ha dato i natali. Io che qualche anno fa ho scritto “Il Sud che mi appartiene”, io che sono figlio di un periodo storico in cui i siciliani e i meridionali in genere partivano per il Nord Italia a cercare un lavoro che desse un senso alla propria vita, ma che mai si è fatto balenare il pensiero di dimenticare il luogo dove sono nato, vissuto per un certo periodo della mia vita e dove sento fortemente il pensiero di appartenenza con l’orgoglio di chi lo sbandiera ai quattro venti. Sono troppo arrabbiata con te Sicilia” – continua Roberta Delia – “li lasci andare via tutti così facilmente. Continuando così resterai sola. Ce ne andremo tutti. Non lamentarti dei troppi immigrati, probabilmente, tra qualche anno, quelle povere anime saranno le uniche disposte a fermarsi da te, oltre ai pochi fortunati che riusciranno ad arrivare alla pensione. Probabilmente, tra non molto, sarai data in pasto a quei quattro imprenditori mafiosi che vogliono comprarti. Probabilmente sarai la casa dei figli di papà, quelli che non hanno bisogno di trovare un lavoro e per questo affermano che non ti lasceranno mai, che loro sono siciliani nel cuore e nel sangue. Anche mio fratello è siciliano nel cuore, anche mio zio è siciliano nel sangue, anche il mio ragazzo non avrebbe mai voluto lasciarti. Non avrebbe mai voluto lasciarmi. Eppure li hai costretti. Eppure senza lavoro non avrebbero mai potuto permettersi le vacanze nel tuo limpidissimo mare. Eppure senza stipendio, senza diritti, senza futuro, con l’amaro in bocca, credimi, i tuoi cannoli non sembrano più così tanto gustosi”. C’è tanta amarezza in queste parole che certamente sono aggravate da una situazione psicologica particolare, dovuta al proprio fidanzato che è dovuto andar via dalla Sicilia controvoglia, per costruirsi un futuro migliore. Tuttavia, penso che tutto questo odio che si pone in parallelo all’immenso amore verso la propria terra natia, abbia una sua verità inconfutabile che va oltre il romantico sentimento di appartenenza alle proprie radici, ma si fonda su un dato di fatto che ha una sua verità creata da antiche politiche errate in questo nostro Paese che oggi, per forza di cose, vede fuggire i propri figli non più al Nord dell’Italia ma all’estero.

E’ il miraggio di un mondo migliore, di una vita migliore, di un futuro che possa in qualche modo garantire la tranquillità di costruire una famiglia, fare dei figli e dare loro un avvenire sicuro. E la Sicilia? Resta lì, nell’attesa del ritorno del proprio figlio che vivrà la dimensione della vacanza, rivivendo intensamente i sapori, gli odori, il profumo della propria terra riarsa dal sole e di quei ricordi indelebili di quegli angoli che ancora parlano di te, ma anche della gente e degli amici che hai rivisto dopo tanto tempo. Sono momenti di vita che addolciscono proprio per quel sentimento che ti carica di vago rimpianto per quello che avrebbe potuto essere e non è stato. E allora capisco bene Roberta Delia e mi immedesimo al suo sentire così amaro e disarmato. Tuttavia, se questo può esserle di aiuto, dico che chi va via e poi ritorna, ha maggiori possibilità di apprezzare ciò che ha lasciato, rispetto a chi, invece, restando per sempre nello stesso luogo dov’è nato, non si rende conto appieno della bellezza che ha davanti agli occhi. Lo so, è una magra consolazione amare la mia Sicilia pur così piena di contraddizioni, che sa però offrirti i cannoli di ricotta, gli arancini, la pasta a forno, la caponata, il mare che brilla di azzurro intenso, i fantastici tramonti, l’affetto della gente che si interessa a te e ti vuole bene come se non fossi mai andato via. Ma il tempo è passato inesorabile e certi ricordi d’infanzia trasudano ancora persino tra le crepe dei muri della tua scuola, dei tuoi primi anni delle elementari in cui ti sei sentito amato anche dal tuo maestro. E poi? Poi c’è stata un’altra vita che ti ha messo di fronte altre esperienze formative che ti hanno fatto crescere. Ciascuno con il proprio esame di vita, con i propri percorsi, con le proprie strade da percorrere talora anche irte di difficoltà, ma sempre pronti ad essere superati. Ma la mia Sicilia e là dove nessuno me la potrà mai portare via. Capisci Roberta!

Salvino Cavallaro

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