Tribunale Reggio Calabria, l’ex pm di Barcellona P. G., Olindo Canali, nella bufera. Udienza preliminare, 15 gennaio 2020, per la pesante accusa del boss pentito Carmelo D’Amico che lo chiama in causa per aver favorito Cosa nostra barcellonese per denaro


Foto: l’ex pm di Barcellona P.G. Olindo Canali.

 

Agenzia di Stampa Agim

 

Giuseppe Stella – Un’affermazione veramente inaspettata e infamante quella dell’ex boss D’Amico nei confronti del già pm di Barcellona P.G. Olindo Canali (da anni “chiacchierato” e indagato ) accusato dal pentito di “aver favorito la mafia per denaro” e quindi colluso.

Il prossimo 15 gennaio 2020 per il magistrato in questione, ora Giudice a Milano (da anni trasferito in quella città), ci sarà l’udienza preliminare a Reggio Calabria nel corso della quale si dovrà valutare l’accusa di corruzione in atti giudiziari formulatagli per favorire Cosa nostra barcellonese in cambio di soldi.

PROCURAREGGIOProcura di Reggio Calabria

Nei mesi scorsi, a conclusione delle indagini preliminari condotte dal pm Gaetano Paci e dal procuratore di Reggio Cal. Giovanni Bombardieri, erano state formulate nei rguardi di Canali accuse pesantissime dovute alle dichiarazioni dell’ex boss della mafia barcellonese (pentito), capo dell’ala militare di Cosa nostra, Carmelo D’Amico: quest’ultimo si autoaccusò circa 2 anni fa di essere il corruttore di due magistrati per far “aggiustare” un suo processo.

Una storia inquietante per la magistratura messinese che ha messo in luce come la corruzione degli organi giudiziari in tutta la provincia in quel periodo, ma oggi lo è in campo nazionale, fosse di livello organico e saldamente strutturata, con evidenti collusioni con le cosche dominanti, prima tra tutte quella barcellonese collegata, come è noto da anni, con quella catanese e alcune ‘ndrine calabresi del vibonese e non solo, oltre che con la massoneria deviata (segreta e non).

Ma a questo punto, dati gli sviluppi clamorosi della vicenda, scende in campo anche Sonia Alfano, figlia del giornalista Beppe assassinato dalla mafia l’8 gennaio del 1983 per il cui delitto furono condannati a 21 anni Nino Merlino, esecutore materiale del crimine, e a 30 Giuseppe Gulloti (mandante), ambedue in via definitiva.

Sonia Alfano in questa fase ha deciso di costituirsi parte civile insieme ai suoi familiari nel processo contro Olindo Canali a distanza di circa 36 anni dall’uccisione del padre perchè afferma che “l’episodio di corruzione di Olindo Canali contestato dalla Dda di Reggio Cal. si riferisce all’aiuto che l’ex magistrato avrebbe dato a pagamento per far ottenere al boss Gullotti il processo di revisione per l’assassinio di mio padre. E questo processo è stato aperto proprio qualche mese fa sulla scorta di due scellerati memoriali di Canali”. Secondo il giudizio dei pm calabresi che hanno chiesto nei confronti di Olindo Canali il rinvio a giudizio, l’ex magistrato, che è stato in servizio a Barcellona P.G. per decenni,

avrebbe favorito la mafia per “aggiustare” il processo di revisione di Gullotti, già condannato come detto a 30 anni; questa certezza deriva da atti precedenti: nel 2009 fu appurato che un anonimo, attrinuito poi ad Olindo Canali (il quale ammise di esserne l’autore) si sollevavano dubbi su un testimone (Maurizio Bonaceto) del processo Gullotti e che dunque la sua condanna a 30 anni fosse ingiusta.

Insomma, una storia che va avanti da tanto tempo e riguarda un lunghissimo periodo di malagiustizia nel messinese in cui s’incrociano poteri dello Stato, Servizi segreti, Ros dei CC, mafia, delitti, come quello di Beppe Alfano, e chiaramente anche livelli occulti e alti della politica siciliana e non solo (santuari indecifrabili che in Italia hanno tracciato da sempre, anche prima dell’Unità d’Italia, e continuano, storie incredibili).

Riportiamo, ritenendolo utile per chi legge, un vecchio articolo del 2009 di Sonia Alfano, figlia del giornalista Beppe ucciso dalla mafia barcellonese

Fonte: STRILL.IT

Sonia Alfano in merito agli ultimi avvenimenti del processo “Mare Nostrum” (26 marzo 2009)

Quel che sta accadendo intorno al processo Mare Nostrum e dunque anche in merito all’omicidio di mio padre, è indicativo della condizione di totale degrado in cui versa gran parte della magistratura messinese. Sin da quell’ 8 gennaio del 93′ io e la mia famiglia abbiamo denunciato questa situazione ed indicato i due maggiori responsabili degli insabbiamenti delle inchieste giudiziarie messinesi, tra cui quella riguardante l’omicidio di mio padre, nelle persone di Olindo Canali e Franco Antonio Cassata.
Lo stato di degrado dell’apparato giudiziario messinese è testimoniato dallo stesso Olindo Canali che, seppur sia un Procuratore della Repubblica, invia lettere anonime alla sua stessa procura, affermando di conoscere la verità sull’omicidio di mio padre salvo poi non svelarla in tribunale.
In una qualsiasi altra procura d’Italia, un magistrato che di suo pugno ammette di avere colpe in merito a fatti di mafia, verrebbe immediatamente sospeso e processato. Ma non a Messina.
Olindo Canali svolge tutt’ora regolare servizio insieme ad Antonio Franco Cassata con il quale condivide atroci responsabilità anche rispetto alla morte del Professore Adolfo Parmaliana.
Ho trascorso gli ultimi sedici anni della mia vita a denunciare le responsabilità di una parte della magistratura messinese ma nessuno ha mai voluto darmi ascolto e neppure oggi, davanti all’ammissione di colpevolezza di Olindo Canali, lo si sospende e lo si processa.
Immediatamente dopo il delitto di mio padre ho chiesto che venissero cercati i mandanti di terzo livello e che le indagini, una volta concluse, venissero riaperte per accertare tutte le responsabilità. Ma le mie richieste, motivate da elementi, fatti, circostanze, sono sempre state respinte ed io additata come un’opportunista interessata solo a speculare sulla morte del proprio padre. Adesso è lo stesso Canali, ovvero colui che avrebbe dovuto accertare e punire, a confermare la presenza di un terzo livello.
Ma Canali, che ben conosce i perversi meccanismi dei poteri messinesi, fa anche di peggio poichè, pur ammettendo le sue colpe, non racconta ciò che dice di sapere ma si limita a gettare fango sull’unica verità processuale in nostro possesso.
Ci sono ben due sentenze di Cassazione che attestano la colpevolezza di Antonio Merlino e Giuseppe Gullotti, seppur restino a tutt’oggi sconosciute le responsabilità istituzionali in seno alla morte di mio padre.
Chi indossa una toga ed amministra la giustizia dovrebbe far affermare la verità processuale e chiederne il rispetto e non gettare fango ed ombre su indagini e processi. Alla luce di quanto sta accadendo ci sorge invece il sospetto che Canali più che amministrare la giustizia in nome del popolo italiano, la amministri in nome di quello di Cosa Nostra”.

Sonia Alfano

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