La Superlega e il football di cartapesta


— Andrea Agnelli – Il potere —

 

Rubrica “Incontri” a cura del Giornalista Salvino Cavallaro.

 

Il pallone europeo scoppia. C’erano state da troppo tempo avvisaglie pericolose su un sistema che stava lievitando una sorta d’impossibilità a contenere i sempre più elevati costi di un calcio diventato più esclusiva di nababbi, che di semplici imprenditori desiderosi di entrare a far parte dell’azienda calcio. E per questo motivo di possibile pericolo, si era più volte resa evidente l’assoluta necessità di calmierare i costi che vanno dall’acquisto di atleti, ai loro procuratori e agli onerosi contratti fatti firmare ai campioni. Da qui parte tutta una serie di problematiche che in tempi di crisi economica, come quello che stiamo vivendo in questi anni di pandemia, ha messo in ginocchio il calcio delle società (si fa per dire) meno abbienti, e alzato il livello di guardia delle aziende calcio più ricche e facoltose. Facciamo riferimento a Juventus, Inter e Milan, tre società di calcio che non a caso sono tra quelle che notoriamente possono vantare maggiori introiti derivanti anche dalle varie conquiste, più nazionali che internazionali. Parlando della nascita della Superlega, voluta principalmente dal presidente della Juventus Andrea Agnelli con l’ausilio del presidente del Real Madrid Florentino Perez, si riscontra una chiara voluta secessione data dalla convinzione che il distaccarsi dall’UEFA possa essere il modo di bloccare le perdite e la discesa economica, aumentando gli introiti anche grazie all’intervento della Banca Americana JP Morgan, disposta a finanziare i club di Superlega con una partenza iniziale di 3,5 miliardi. Una sorta di operazione finanziaria che invoglierebbe non poco le tre società più ricche d’Italia a unirsi alle altre potenze calcistiche europee fondatrici della Superlega, composte da Arsenal, Chelsea, Liverpool, Manchester City, Manchester United, Tottenham, Real Madrid, Barcellona, Atletico Madrid, con l’obbiettivo di migliorare i diritti televisivi, il marchandises e non ultimo far lievitare finanziariamente il valore delle proprie azioni bancarie.

Tuttavia, in tutto questo astruso meccanismo finanziario che le grandi potenze calcistiche europee avrebbero messo in atto, resta il fatto che pur riconoscendo ormai da tanti anni che il pallone ha finito col creare delle vere e proprie aziende calcio con tutti i suoi annessi e connessi, c’è da tenere presente che questo mondo non può fare a meno dei suoi tifosi, i quali non sono qualcosa di freddamente virtuale, ma più concretamente appartengono all’essenzialità dal quale poi si dirama tutto il sistema calcio. Seguaci di una passione radicata nel tempo in cui l’agonismo è il fulcro del credere nello scontro tra Davide e Golia e non solo tra i giganti Golia contro Golia. Da quando è uscita la notizia della nascita della Superlega, ho molto riflettuto sul decadimento di un mondo in cui spesso ci si confronta tra i romantici di un calcio che sembra sempre più allontanarsi dalla realtà quotidiana, al cospetto di quei pragmatici individui che usano lo spettacolo con il chiaro senso di separatismo voluto dal proprio esclusivo interesse. Un modo come un altro per evidenziare la legge del più forte, del più potente che non bada al senso etico, ma tira dritto indisturbato per la propria strada. “Da 80 anni vinciamo solo noi” dice il Presidente della Juventus Andrea Agnelli che parla anche a nome di Inter e Milan, attraverso una frase provocatoria che ha l’intento di indispettire coloro i quali vincono meno o non vincono mai, ma che inseguono sempre il sogno di potercela fare. Lui, proprio lui che è stato tra i più accesi ideatori della nascita della Superlega, mettendosi contro il mondo politico e grande parte dello sport italiano, inimicandosi al contempo l’UEFA e il presidente Ceferin che l’ha definito: “Bugiardo, non ho mai visto uno che mente così. La Superlega è uno sputo in faccia a chi ama il calcio, pronti a escludere tutti”. Lui, che nulla ha ereditato dello stile di suo zio Gianni e di suo padre Umberto, è stato capace di mandar su tutte le furie i presidenti e gli amministratori delegati delle altre 17 società di calcio di Serie A.  E adesso che la frittata è fatta, vige la speranza che si vada fino in fondo nel mantenere da parte dell’UEFA tutte le sanzioni previste a carico dei secessionisti. L’augurio che il mondo del calcio si fa, è che non finisca tutto in una bolla di sapone.

Salvino Cavallaro

                        

 

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