Solo pesci di Salvo Currò: il mondo in un occhio


Sono #solopesci quelli di Salvo Currò? —

 

Domenico Giuseppe Muscianisi – Nella poesia esiste la figura retorica della metonimia, che dà occasione al poeta di traslare un nome a un significato su un piano semantico differente. Per esempio, il poeta può dire «vele» e indicare le “navi” nella loro interezza: una parte per il tutto.

Sono, dunque, #solopesci quelli di Salvo Currò? 

Chiunque abbia visto l’occhio di un pesce, si accorge subito che i pesci di Salvo Currò non hanno occhi di pesce. Chiunque abbia dimestichezza con il mare, sa che l’occhio di un pesce dice molto sulla sua storia. Chiunque legga i testi antichi, trova che dagli occhi di un pesce sacerdoti e indovini prevedevano il futuro. 

Chiunque guardi una tela o un acquerello di Salvo Currò, non vede #solopesci esposti nella sala ristorante e al primo piano dell’Eolian Milazzo Hotel. Il visitatore attento come il distratto passante non può non soffermarsi al ‘sigillo’, la sphragis — dicevano i Greci antichi —, dell’artista Currò: un occhio che fa da specchio, in cui ci si riflette o semplicemente attraverso il quale si immagina un mondo altro.

L’acquerello e l’acrilico misto ad acqua sono le tecniche di Currò e hanno, infatti, una forza intrinseca che sta nello sfumato dei contorni, liberi dai confini della tela o del foglio, e nell’effetto visivo fluido e morbido come di chi accarezza il mare. La peculiarità di Currò sta anche nella composizione di più pannelli che fanno la “tela”, suggerendo un’idea di frammentarietà e allo stesso tempo di continuità nella mente dello spettatore, che è sempre partecipe dell’opera dell’artista, come ho già scritto in altri articoli sulle mostre di Salvo Currò.

La sera del 1° agosto 2016 presso la sala conferenze dell’Eolian Milazzo Hotel amici ed estimatori hanno partecipato all’inaugurazione della mostra #solopesci di Salvo Currò, introdotta da una curiosa e suggestiva presentazione del Dr Santi Cassisi, primo ricercatore presso l’Osservatorio Astronomico di Teramo, nonché appassionato e competente subaqueo, che ha descritto su linee parallele il mondo marino e l’universo stellare: infiniti entrambi, entrambi misteriosi e adatti sia all’immaginario poetico dell’artista sia allo studio scientifico del ricercatore.

Occhi di pesce negli acquerelli, occhi di mondo sul mare, occhi di Salvo Currò sul mondo, occhi che nella forma globulare rappresentano il mondo stesso nelle sue diversità. La metafora traspare dai tentacoli di un polpo che su una tela di Currò aggroviglia alcuni pesci e nella spirale delle estremità mostra cento occhi, come un mostro del mito antico (foto). Gli stessi occhi si ritrovano anche in quelli del Vecchio con pipa, l’unico non-pesce tra i#solopesci di Currò, oggetto e, al contempo, interprete della visione di una scena di pesca dalla quale non traspare lo sgomento di un momento naturale, ma indubbiamente cruento: rimane, invece, un tripudio di colori fatti della stessa sostanza in cui vivono i pesci, l’acqua.

Foto (Pesci e polpo) per concessione di Salvo Currò.

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