17 aprile ’19 – Nel territorio messinese il 15% dei contratti sono di tirocinio, il 40% a tempo determinato. È questo uno dei dati che sono stati esposti nel corso del seminario sulla “Flessibilità del lavoro dopo il Decreto Dignità – Quale impatto nel territorio messinese” organizzato dalla FeLSA Cisl Sicilia in raccordo con la Cisl Messina.
Una iniziativa voluta dal sindacato per approfondire le modifiche intervenute con il Decreto Dignità che ha modificato alcuni punti del Jobs Act, che rimane pienamente in vigore e continua a rimanere norma di riferimento.
«Il Decreto Dignità – ha detto Francesco Lo Re, segretario generale della FeLSA Cisl Sicilia – ha modificato la cosiddetta causale, ovvero il datore di lavoro ha la possibilità di assumere per dodici mesi senza inserire alcuna causale all’interno del contratto. Se da un lato ha favorito l’occupazione per il primo anno di contratto, per altri aspetti lo ha penalizzato perché i datori di lavoro devono decidere se interrompere il rapporto o proseguirlo. Solitamente è più propenso a chiudere il rapporto anche se ci sono stati dei casi in cui, invece, il datore di lavoro ha deciso di trasformare il contratto da tempo determinato a indeterminato».
I contratti a tempo indeterminato, nel 2018, sono duecentomila in più, secondo i dati dell’Osservatorio sul Precariato diffuso dall’INPS. «Aumentano i contratti a tempo indeterminato, aumentano le trasformazioni – ha sottolineato il segretario provinciale di Felsa, Francesco Polizzotti che ha moderato l’incontro – Non sappiamo, però, se è un effetto momentaneo e cosa ci aspetta. C’è tutta una fetta di lavoratori, che non possiamo ancora quantificare, che si è ritrovata senza un lavoro alla conclusione del contratto a termine, e che potrebbe ingrossare le fila dei nuovi percettori del reddito di cittadinanza. Se la ratio del Decreto Dignità era quella di favorire la costituzione di rapporti a tempo indeterminato la risultante, invece, è stata quella di ridurre l’utilizzo del tempo determinato a favore del lavoro a chiamata e occasionale».
Il consulente del lavoro, Carlo Maletta, ha illustrato l’impatto del Decreto Dignità sul territorio messinese, «dove si avverte pesantemente la precarietà dei rapporti perché, anche se le nuove regole sono a tutela dei lavoratori perché abbassando i tempi a 12 e 24 mesi consentono la possibilità di limitare gli effetti del tempo determinato, spesso questo non avviene perché ci sono una serie di problematiche legate al costo della manodopera che non consente ad un’azienda di assumere a tempo indeterminato. Nel territorio messinese è un fenomeno molto diffuso per la presenza di alcune tipologie di attività, come il turismo o il settore metalmeccanico dove ci sono tante aziende che lavorano nell’indotto con commesse a termine. Oppure ancora nell’edilizia che assume per la durata dei singoli cantieri».
Emersa, nel corso dei lavori, una tendenza preoccupante soprattutto nel settore turismo nelle Isole Eolie e nel comprensorio di Taormina dove la manodopera viene assunta da società terze con tipologie contrattuali diverse e poi dirottate presso le strutture turistiche. Una condizione che andrebbe valutata attentamente dagli organi ispettivi perché mette in dubbio la stessa regolarità del contratto di appalto e quello di lavoro con condizioni economiche di gran lunga inferiore.
Dopo l’intervento del referente territoriale di Serenità, Giancarlo Ripepi, è stato il segretario generale della Cisl Messina, Tonino Genovese a parlare di intermediazione del lavoro.
«Una intermediazione che gioca sulla pelle dei lavoratori e che ha come conseguenza l’abbassamento del costo del lavoro – ha detto Genovese – Tante aziende con sede in Italia hanno poi la produzione all’estero dove il costo del lavoro è irrisorio». Per questo, secondo Genovese, l’iniziativa della Felsa è stato «un momento di riflessione importante perché il lavoro cambia per le nuove esigenze dei cittadini e delle famiglie nel corso del tempo. Anche la legislazione, quindi, ha l’esigenza di cambiare ma la flessibilità, in questo caso, non è stata ben equilibrata e ha portato al suo utilizzo da parte dei datori soprattutto per abbassare il costo del lavoro. Ma flessibilità – ha detto Genovese – va anche nella direzione dell’illegalità quando si mantiene un lavoratore in nero».
La conseguenza? «È che il tasso di occupazione tra Italia settentrionale e Mezzogiorno è spaventosamente distante. E se il reddito di cittadinanza si pone come intermediazione del lavoro dove e come si può fare?», si domanda Genovese: «Bisogna intervenire sulla fiscalità, abbassando il costo del lavoro. Un vantaggio sia per i lavoratori che per le aziende».