OPERAZIONE “ENERGIE PULITE” – ‘NDRANGHETA: GDF E DIA SEQUESTRANO L’INGENTE PATRIMONIO DI TRE IMPRENDITORI REGGINI CONTIGUI ALLA ‘NDRANGHETA.


…CIRCA 50 MILIONI DI EURO IL VALORE DEI BENI ILLECITAMENTE
ACCUMULATI E SOTTOPOSTI A MISURA PATRIMONIALE.

 

Il Centro Operativo della Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria,
Militari dello S.C.I.C.O. di Roma e del Comando Provinciale della Guardia di
Finanza di Reggio Calabria, supportati da altre articolazioni operanti nelle provincie
di Milano, Brescia, Mantova, Varese, Pavia, La Spezia, Vicenza, Lecce e Sassari,
con il coordinamento della Procura Nazionale Antimafia diretta dal Procuratore
Nazionale Dott. Federico CAFIERO De RAHO e della locale Procura della
Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal Procuratore Capo Dott.
Giovanni BOMBARDIERI, stanno eseguendo su tutto il territorio nazionale
provvedimenti emessi dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio
Calabria – presieduta dalla Dott.ssa Ornella Pastore – su richiesta congiunta, del
Procuratore Nazionale Antimafia e del Procuratore Capo di Reggio Calabria,
procedura applicata nel Distretto reggino per la prima volta dopo la riforma del 2015
del Codice Antimafia, che ha attribuito anche al Procuratore Nazionale Antimafia la
titolarità della proposta di misure di prevenzione di natura patrimoniale.
Con il suddetto provvedimento è stata disposta l’applicazione della misura di
prevenzione patrimoniale del sequestro su compendi societari, beni mobili e
immobili, nonché rapporti finanziari per un valore complessivo stimato di circa 50
milioni di euro riconducibili agli imprenditori SCIMONE Antonino cl. ‘75, MORDA’
Antonino cl. ’69 e CANALE Pietro cl. ’79 – indiziati di appartenenza/contiguità a
note cosche reggine.
La figura criminale degli imprenditori era emersa nel corso dell’operazione
“MARTINGALA”, condotta da personale della DIA e della Guardia di Finanza di
Reggio Calabria, coordinati dal Procuratore Aggiunto Paci e dal dott. Musolino
dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria e conclusa nel mese di
febbraio 2018 con l’esecuzione di un provvedimento di fermo di indiziato di delitto
emesso nei confronti di 27 persone, ritenute responsabili a vario titolo dei reati di
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associazione mafiosa, riciclaggio, autoriciclaggio, reimpiego di denaro, di beni, di
utilità di provenienza illecita, usura, esercizio abusivo dell’attività finanziaria,
trasferimento fraudolento di valori, frode fiscale nonché associazione a delinquere
finalizzata all’emissione di false fatturazioni e reati fallimentari nonché con il
sequestro di 51 società, 19 immobili e disponibilità finanziarie per un ammontare
complessivo di circa €. 100.000.000.
In dettaglio, le indagini hanno consentito di accertare l’esistenza di un articolato
sodalizio criminale dedito alla commissione di gravi delitti, con base a Bianco (RC)
e proiezioni operative non solo in tutta la provincia reggina, ma anche in altre
regioni italiane e persino all’estero, i cui elementi di vertice erano stati identificati in
membri delle famiglie Barbaro “I Nigri” di Platì, Nirta “Scalzone” di San Luca ed
in SCIMONE Antonio – principale artefice del meccanismo delle false fatturazioni e
vero “regista” delle movimentazioni finanziarie dissimulate dietro apparenti attività
commerciali – rinviato a giudizio per svariate ipotesi di reato, tra cui concorso
esterno in associazione mafiosa, dirigenza di un’associazione finalizzata al
riciclaggio ed al reimpiego, nonché all’intestazione fittizia di beni, all’emissione ed
utilizzo di fatture false, funzionali ad agevolare l’attività di infiltrazione occulta negli
appalti pubblici della ‘ndrangheta, verso la quale era drenate imponenti risorse.
L’organizzazione poteva contare su un gruppo di società di comodo, comunemente
definite “cartiere”, che venivano sistematicamente coinvolte in operazioni
commerciali inesistenti, caratterizzate dalla formale regolarità attestata da
documenti fiscali ed operazioni di pagamento rivelatesi tuttavia, all’esito delle
indagini, anch’esse fittizie e che hanno consentito al sodalizio di mascherare
innumerevoli trasferimenti di denaro da e verso l’estero, funzionali alla
realizzazione di molteplici condotte illecite, quali “in primis” il riciclaggio ed il
reimpiego dei relativi proventi.
Questo meccanismo fraudolento, mediante la predisposizione di false transazioni
commerciali, ha costituito il volano per l’instaurazione di articolati flussi finanziari tra
le aziende degli indagati e le società di numerosi “clienti” che di volta in volta si
rivolgevano agli stessi per il soddisfacimento di varie illecite finalità, tra cui la frode
fiscale.
L’attività investigativa ha interessato, tra l’altro, dinamiche criminali estrinsecatesi
nella città di Reggio Calabria, svelando l’esistenza di una folta schiera di
imprenditori che hanno fruito dei servigi offerti dall’associazione promossa e
capeggiata dallo SCIMONE e, tra questi, era emersa la posizione di CANALE
Pietro – indagato per le ipotesi di reato di intestazione fittizia di beni, per emissione
ed utilizzo di fatture false e per reimpiego di denaro di provenienza illecita in attività
economiche e finanziarie – nonché quella dell’imprenditore MORDÀ Antonino –
rinviato a giudizio per le ipotesi di reato di associazione di stampo mafioso (per cui
è ancora oggi cautelato), trasferimento fraudolento di valori, estorsione, bancarotta,
usura e reimpiego di denaro di provenienza illecita in attività economiche e
finanziarie, fattispecie in diversi casi aggravate dall’aver agevolato gli interessi della
‘ndrangheta.
In relazione alle risultanze dell’attività di cui sopra, la Direzione Nazionale Antimafia
e locale Direzione Distrettuale Antimafia – sempre più interessate agli aspetti
economico-imprenditoriali legati alla criminalità organizzata – valorizzando anche le
funzioni proprie della Guardia di Finanza nella prevenzione e contrasto ad ogni
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forma di infiltrazione della criminalità nel tessuto economico del Paese e di
aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati – delegavano al Gruppo
Investigazione Criminalità Organizzata (G.I.C.O.) della Guardia di Finanza di
Reggio Calabria, allo S.C.I.C.O. ed al locale Centro Operativo D.I.A., apposita
indagine a carattere economico/patrimoniale finalizzata all’applicazione, nei
confronti dei citati imprenditori, di misure di prevenzione personali e patrimoniali.
Al riguardo, dopo aver delineato il profilo di pericolosità sociale qualificata dei
proposti, anche valorizzando le risultanze delle pregresse indagini, la pertinente
attività investigativa è stata indirizzata alla ricostruzione delle acquisizioni
patrimoniali – dirette o indirette – effettuate nell’ultimo trentennio, accertando –
attraverso una complessa, articolata e minuziosa attività di accertamento e
riscontro documentale – i patrimoni dei quali i medesimi risultavano disporre,
direttamente o indirettamente, il cui valore era decisamente sproporzionato rispetto
alla capacità reddituale dichiarata ai fini delle imposte sui redditi, nonché le fonti
illecite dalle quali i medesimi avevano tratto le risorse per la loro acquisizione e,
soprattutto, la natura mafiosa delle attività d’impresa svolte – nel tempo – dai
proposti quali imprenditori espressione delle cosche di riferimento.
Alla luce di tali risultanze, il Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di
Prevenzione – con gli odierni provvedimenti – ritenuta sussistente la pericolosità
qualificata dei citati proposti, ha disposto l’applicazione della misura di prevenzione
sia personale sia quella patrimoniale del sequestro dell’intero patrimonio
riconducibile a SCIMONE Antonino cl. ‘75, MORDA’ Antonino cl. ’69 e CANALE
Pietro cl. ‘79 nonché ai rispettivi nuclei familiari, costituito dall’intero compendio
aziendale di 18 imprese/società commerciali sedenti sia in Italia sia all’estero,
nonché 18 immobili, 7 automezzi, 1 imbarcazione da diporto, 10 orologi di pregio
(Rolex, Paul Picot, Baume & Mercier), disponibilità finanziarie e rapporti
bancari/assicurativi, per un valore complessivo stimato in circa 50 milioni di euro.
Tra le numerose società, è stata sottoposta a vincolo la CANALE SRL,
comprensiva di 15 unità locali presenti oltre che nella provincia reggina, nelle
provincie di Milano, Brescia, Mantova, Varese, Pavia, La Spezia, Vicenza e
Lecce, operante nel settore della metanizzazione e la PIVEM srl, operante nel
comparto della grande distribuzione (mediante la gestione di un supermercato nel
rione Pellaro di Reggio Calabria).
L’operazione odierna, frutto di sinergica collaborazione tra Forze di Polizia
efficacemente coordinate dalla Procura Nazionale Antimafia e dalla Procura
Distrettuale reggina, testimonia l’incessante azione di contrasto ad ogni forma di
infiltrazione della ‘ndrangheta nell’economia legale.

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