SCUOLA. LEGGE 28 MARZO 2003, N. 53 – Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione, delle prestazioni scolastiche e  della formazione professionale


Ancora oggi però in molti non sanno che la scuola dell’obbligo non finisce con la terza media ma continua fino al secondo anno compiuto delle superiori. Da qui ai casi notevoli di abbandono anzi tempo della scuola dell’Obbligo il passo è breve, ma nessuno sin qui ha ancora rimediato. Non solo ma la legge di che trattasi non ha avuto significativi sviluppi nel campo della formazione dei docenti, del tutoraggio in favore dei ragazzi e dell’insegnamento personalizzato, dell’Orientamento in favore degli alunni rimasto nel vago e nell’intervento mirato contro gli abbandoni scolastici eccessivi e la scarsa percentuale di lauree rispetto ai Paesi Ue e del mondo intero. Insomma, una Pubblica Istruzione abbandonata da anni a se stessa per la quale occorrerebbe una sistematica globale riforma per cambiare alla radice la nostra istruzione pubblica diventata tra le ultime al mondo.

 

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Promulga la detta legge.

  1. Al fine di favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana,… nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori,… secondo i principi sanciti dalla Costituzione, il Governo è delegato ad adottare,…nel rispetto delle competenze costituzionali delle regioni e di comuni e province, uno o più decreti legislativi per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale. 2. …previo parere delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica da rendere entro sessanta giorni dalla data di trasmissione dei relativi schemi, i decreti legislativi possono essere comunque adottati. 3. …Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca predispone, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, un piano programmatico di interventi finanziari da sottoporre all’approvazione del Consiglio dei ministri a sostegno: a) della riforma degli ordinamenti e degli interventi connessi con la loro attuazione e con lo sviluppo e la valorizzazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche; b) dell’istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema scolastico; c) dello sviluppo delle tecnologie multimediali e della alfabetizzazione nelle tecnologie informatiche, nel pieno rispetto del principio di pluralismo delle soluzioni informatiche offerte dall’informazione tecnologica, al fine di incoraggiare e sviluppare le doti creative e collaborative degli studenti; d) dello sviluppo dell’attività motoria e delle competenze ludico-sportive degli studenti; e) della valorizzazione professionale del personale docente; f) delle iniziative di formazione iniziale e continua del personale; g) del concorso al rimborso delle spese di autoaggiornamento sostenute dai docenti; h) della valorizzazione professionale del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA); i) degli interventi di orientamento contro la dispersione scolastica e per assicurare la realizzazione del diritto – dovere di istruzione e formazione; l) degli interventi per lo sviluppo dell’istruzione e formazione tecnica superiore e per l’educazione degli adulti; m) degli interventi di adeguamento delle strutture di edilizia scolastica. 4. …è promosso l’apprendimento in tutto l’arco della vita e sono assicurate a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro.

…sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età che coinvolga anche i portatori di handicap, nota legge 104;

La fruizione dell’offerta di istruzione e formazione costituisce un dovere legislativamente sanzionato e il correlativo compito viene ridefinito ed ampliato con l’obbligo scolastico di cui all’articolo 34 della Costituzione, nonché con l’obbligo formativo introdotto dall’articolo 68 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni (obbligo scolastico fino al secondo anno delle superiori). Il sistema educativo di istruzione e di formazione si articola nella scuola dell’infanzia, in un primo ciclo che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, e in un secondo ciclo che comprende il sistema dei licei ed il sistema dell’istruzione e della formazione professionale; la scuola dell’infanzia, di durata triennale, concorre all’educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale, religioso e sociale delle bambine e dei bambini. Essa contribuisce alla formazione integrale delle bambine e dei bambini e, nella sua autonomia e unitarietà didattica e pedagogica, realizza la continuità educativa con il complesso dei servizi all’infanzia e con la scuola primaria. Il primo ciclo di istruzione è costituito dalla scuola primaria, della durata di cinque anni, e dalla scuola secondaria di primo grado della durata di tre anni.

 

I primo ciclo di istruzione si conclude con un esame di Stato, il cui superamento costituisce titolo di accesso al sistema dei licei e al sistema dell’istruzione e della formazione professionale; il secondo ciclo è finalizzato alla crescita educativa, culturale e professionale dei giovani attraverso il sapere, il fare e l’agire.

Art. 5. (Formazione degli insegnanti) 1. Con i decreti di cui all’articolo 1 sono dettate norme sulla formazione iniziale dei docenti della scuola dell’infanzia, del primo ciclo e del secondo ciclo, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:  la formazione iniziale è di pari dignità per tutti i docenti e si svolge nelle università presso i corsi di laurea specialistica, il cui accesso è programmato ai sensi dell’articolo 1, comma 1, della legge 2 agosto 1999, n. 264, e successive modificazioni.

 

Per la formazione degli insegnanti della scuola secondaria di primo grado e del secondo ciclo le classi predette sono individuate con riferimento all’insegnamento delle discipline impartite in tali gradi di istruzione e con preminenti finalità di approfondimento disciplinare.

I decreti stessi disciplinano le attività didattiche attinenti l’integrazione scolastica degli alunni in condizione di handicap

Le università, sentita la direzione scolastica regionale, definiscono nei regolamenti didattici di ateneo l’istituzione e l’organizzazione di apposite strutture di ateneo o d’interateneo per la formazione degli insegnanti, cui sono affidati, sulla base di convenzioni, anche i rapporti con le istituzioni scolastiche.

 

 

A parte gli stralci della legge di cui sopra, pubblichiamo il seguente articolo a firma della professoressa Serafina Gnech di Gilda Venezia che ne traccia una breve e significativa sintesi.

 

Breve sintesi del primo decreto attuativo della legge n° 53 di riforma della scuola

di Serafina Gnech, da Professione Docente di novembre 2003

La legge n° 53 del 28 marzo 2003, conosciuta come Riforma Moratti, è una legge molto scarna. E tale vuole essere. Perché la riforma del Titolo V della Costituzione, che ha conferito “soggettività” alle regioni e agli enti locali, ha tracciato uno spartiacque. Uno spartiacque ampio, che segna una netta demarcazione fra un prima e un dopo. E il dopo vede lo Stato presente, nel panorama dell’istruzione, solo, per così dire, a monte e a valle del sistema. Con funzioni che possono essere genericamente definite di indirizzo e di controllo.

La legge n° 53 è inoltre una legge delega, una legge cioè che affida al governo tutti i passaggi successivi ad essa. Da qui la sua titolazione: Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale.

Nell’espletamento della delega conferitagli, il Consiglio dei Ministri ha approvato, il 12 settembre 2003, il primo decreto attuativo relativo alla scuola dell’infanzia e al “primo ciclo” di istruzione, che comprende la scuola primaria (ex scuola elementare) e la scuola secondaria di 1° grado (ex scuola media). Ed ora il decreto segue un iter che contempla due passaggi essenziali: il primo presso le Commissioni Cultura di Camera e Senato e il secondo presso la Conferenza Unificata Stato regioni.

Ma quali sono le trasformazioni previste? Le riassumeremo raggruppandole in tre macro aree.

Le trasformazioni strutturali. La prima importante trasformazione è già prevista nel testo di legge e riguarda l’articolazione della scuola italiana in due cicli anziché tre: il primo ciclo che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di 1° grado ed il secondo ciclo che è costituito dalla scuola secondaria di 2° grado. I cicli hanno inoltre (come previsto sempre dalla legge) una suddivisione interna in periodi didattici, che configura lo schema 1+2+2, per la scuola primaria e lo schema 1+2 per la secondaria di 1° grado. L’effetto conseguente a questa diversa articolazione consiste nella riduzione degli esami, che passano da due a uno. Per quello che riguarda l’eventuale ripetenza all’interno dei due cicli, il decreto formalmente non esclude – come sembrava fare la legge – la possibilità della ripetenza anche all’interno dei periodi, ma richiede per essa una “specifica motivazione”, limitandola inoltre nella scuola primaria a “casi eccezionali”. Possiamo far rientrare fra le trasformazioni strutturali anche quelle relative all’orario. Esse prevedono la riduzione del monte ore totale: dividendo per 33,3 settimane si hanno infatti da 25 a 51 ore nella scuola dell’infanzia, 30 ore nella scuola primaria e 33 nella scuola secondaria. Oltre a questo, si ha – nella scuola primaria e nella secondaria di 1° grado – una suddivisione del monte ore in due pacchetti, di cui il primo comprende le ore “di lezione” ed il secondo le ore di “attività e insegnamenti” che vengono organizzate dalle singole scuole o dalle scuole in rete “tenendo conto delle prevalenti richieste della famiglie”.

Le trasformazioni “didattiche”. Il decreto attuativo segna, nell’ambito della didattica, il punto d’arrivo del percorso avviato dal Regolamento dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, ovvero dal DPR. 275 del 1999. Il regolamento dell’autonomia parlava, all’art. 1, di interventi di educazione, formazione e istruzione adeguati alle “caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti”; il decreto attuativo stabilisce che l’insegnamento debba essere ad personam – piani di studio personalizzati – e che debba essere raccolta “la documentazione del percorso formativo compiuto dall’allievo”. Sia la strutturazione del percorso formativo che la redazione della documentazione – raccolta nel cosiddetto portfolio – coinvolgono docenti, genitori e studenti.

Le trasformazioni che investono la figura ed il ruolo del docente. Sono notevoli ed investono due diversi livelli. Per prima cosa viene prevista, sia nella scuola primaria che nella scuola secondaria, la figura del tutor, “docente in possesso di specifica formazione che, in costante rapporto con le famiglie e con il territorio, svolge funzioni di orientamento in ordine alla scelta delle attività di cui al comma 2 della legge (le attività e gli insegnamenti scelti dalle famiglie, n.d.r), di tutorato degli alunni, di coordinamento delle attività educative e didattiche, di cura delle relazioni con le famiglie e di cura della documentazione del percorso formativo compiuto dall’allievo con l’apporto di altri docenti”. La scelta del docente tutor, coniugata alla personalizzazione dei percorsi, realizza l’obiettivo di trasformare la scuola in servizio di tipo privato, in cui operano precettori posti al servizio della famiglia. Ma la trasformazione della docenza avviene anche ad un altro livello. Il decreto attuativo prevede infatti che nella scuola, oltre ai docenti tradizionali, possano operare anche dei cosiddetti “esperti”. Si tratterebbe di dipendenti non stabili, assunti con contratto di prestazione d’opera per ottemperare alle variegate e mutevoli richieste provenienti dalle famiglie.

Serafina Gnech

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