Bruce Springsteen e il male oscuro


Quante volte abbiamo sentito parlare di male oscuro per definire la patologia della depressione. Una malattia che affligge un notevole numero di persone al mondo e che spesso è causa scatenante di un retaggio anche di natura genetica. Bruce Springsteen, il “Boss” e la Rock Star internazionale, si è aperto in un’intervista su Vanity Fair, descrivendo il suo lungo periodo di depressione che l’ha afflitto fin dall’età di 60 anni. Sono quindi 6 lunghi anni che Springsteen combatte con questa tremenda malattia mentale, avendo oggi 66 anni d’età. In tutto questo lungo percorso di vita personale e artistica, s’interseca il difficile rapporto con suo padre e la snervante operazione chirurgica subita alla gola. E c’è una nuova cover story di Springsteen che è accompagnata dalla sua autobiografia intitolata: “Born to Run”. Un’occasione per tornare a scavare le sue radici per ripercorrere i suoi problemi e le tante difficoltà, ma anche assaporare i momenti di gioia che gli hanno permesso di costruire i suoi show che sono da sempre l’emblema di alta qualità professionale. Ma Bruce ritorna sempre sul tasto della sua depressione, quasi fosse la lingua che batte dove il dente duole. E’ evidente che è stato un periodo della sua vita (dal quale ancora non ne è uscito completamente) che l’ha segnato profondamente. “Uno dei punti sui quali mi concentro sul libro” dice Bruce, “riguarda proprio il fatto che, ovunque e chiunque tu sia, la malattia non ti lascia mai. Ho sempre immaginato la depressione come un’automobile in cui i passeggeri sono tutti i lati della tua personalità. Puoi anche far salire sull’auto un nuovo te, ma il tuo passato non potrà mai uscirne fuori. E poi, quale dei tuoi lati tiene le mani sul volante in quel momento?”. Parole che determinano uno stato d’animo sofferente, che vuole capire il perché di una patologia dalla quale desidera venirne fuori al più presto, ma che da solo sembra non farcela. E’ il buio di quel tunnel chiamato male oscuro. Una difficoltà riconosciuta da Springsteen che rimarca la sofferenza di vivere a fianco della depressione clinica, che si associa alla paura di doverne soffrire come successe a suo padre, Doug Springsteen, un personaggio che a causa dell’alcolismo lasciò le scuole superiori e si abbandonò a una vita senza lavoro. “Mi picchiava sempre” racconta Bruce, “e mi abbandonò senza mai dirmi ti voglio bene. Anzi, qualche volta glielo dissi io, mentre lui mi rispondeva solo con un laconico: Mmmh, anch’io”. Non conosciamo i parametri per cui la malattia mentale di papà Doug, possa essere stata la concausa della depressione del figlio Bruce, certo è che la sofferenza familiare ripercorsa nel suo libro “Born to Run”, lascia intravvedere qualcosa di genetico. C’è poi un momento di vita in cui sembra che tra padre e figlio si stabilisca una riconciliazione. Ma, in realtà, non succede nulla di continuo tra il cantante e suo padre. Poi, l’operazione alle corde vocali ha segnato un altro periodo della lunga crisi di Bruce, che ha dovuto interrompere i suoi impegni professionali per molto tempo. Per ovvie ragioni, in quel periodo gli è mancato il suo pubblico, il palco e l’entusiasmo di vivere con e per la musica. Storie di vita artistica e professionale che si intrecciano al vissuto di una delle più grandi Rock Star di tutti i tempi, che ti fanno riflettere come ad un certo punto dell’esistenza umana, proprio quando meno te lo aspetti, dietro l’angolo ti attenda quel male oscuro capace di rivoluzionare il naturale senso di vivere.

Salvino Cavallaro

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