Salvino Cavallaro – Proseguire nel miglioramento della vita di una città non è solo un dovere civico ma anche morale. Parliamo di città male amministrate, ma parliamo pure di cittadini amorfi e privi di amor proprio. Capita a volte di sentire e di vivere alcune situazioni in cui le idee progressiste per il bene della propria città, siano soffocate da invidie e maldicenze capaci di stroncare ogni iniziativa fatta per il bene comune. Storie antiche di mentalità sbagliate dove l’atavico senso dell’indolenza è l’emblema del mai crescere, del mai cercare di unire le proprie forze per non dare soddisfazione agli altri e anticipare il timore di mettersi in prima fila per non sbagliare. E’ il caso di Milazzo in provincia di Messina, città spesso decantata per essere baciata dalla natura, dal sole, dal mare, dal cielo azzurro, ma che non è capace di valutarne le proprie fortune. Si parli di politica, di economia, di sport, di servizi che funzionano a stento o di miglioramenti di qualsiasi genere, a Milazzo ti accorgi che tutto è soffocato da montagne di problemi acuiti e incancreniti nel tempo. Certo, c’è sì il timido tentativo teorico di migliorare l’immagine collettiva di un luogo che sembra sempre alla deriva di ogni cosa, fatto è che si va indietro anziché progredire con l’impegno di soddisfare i bisogni collettivi. Tutti sanno e nessuno fa nulla per migliorarsi. Peccato! Come pure peccato è la situazione di un calcio morto che penalizza lo sviluppo economico di una Milazzo che sembra non percepire i dati basilari del progresso. Cura dell’immagine e miglioramenti di vario genere sono sempre messi in secondo piano, quasi fossero cose insignificanti che hanno solo bisogno di fondi economici che non ci sono mai. “Non ci sono soldi”, questo è l’accorato grido di dolore che è l’alibi del non avere voglia di rimboccarsi le maniche. In tanti anni che seguiamo le varie Amministrazioni Comunali di Milazzo, non abbiamo mai riscontrato fondamentali cambiamenti, almeno tali da far sperare nel futuro di questa città, che sembra sempre più una penisola attorniata dal mare di una confusione che spesso sfocia nella contraddizione del suo essere. Grandi proclami di politica spicciola e poi nulla. Sì, perché si ricade in una guerra dei poveri in cui tutti sono contro tutti, anche contro se stessi. E’ di recente la notizia del fallimento del Calcio Milazzo. Pensate che per potersi iscrivere ai campionati della FIGC e quindi risorgere in qualche modo dalle ceneri, basterebbero cifre non certo impossibili. Eppure, in questa città eternamente in letargo, nessuno è in grado di produrre questo piccolo investimento capace di incrementare il turismo, lo spostamento dei tifosi al seguito e quindi l’introito di denaro per i servizi commerciali. Alberghi, ristoranti, pizzerie, bar, potrebbero vantare un maggior flusso di persone e la Milazzo del pallone conquisterebbe il suo ruolo nell’ambito del mondo di un football che le darebbe immagine anche per l’interesse dei media. Significherebbe far smuovere qualcosa di statico, di tremendamente abulico e amorfo che non sa di vita ma di perenne agonia. E’ la sonnolenza di chi si rifugia dietro l’alibi del “NON ci sono soldi”, ma neanche la voglia di crearli attraverso le idee che sono la ragione di vita. E’ quel muro di gomma che ti fa rimbalzare se tenti di fare qualcosa di innovativo, così resti sopraffatto dalla generale mancanza di stimoli e ti siedi al pari di tutti gli altri. Che rammarico! E che delusione!