Agostino La Franca. Ricordi di un pallone romantico che non c’è più


Foto: Agostino La Franca

Dopo aver appreso della morte di Agostino La Franca ex calciatore del Milazzo, desidero ricordarlo alla mia maniera, senza lacrimevoli frasi di circostanza che non si addicono alla forza e al carattere che ha sorretto da sempre questo personaggio che ci ha lasciato all’età di 88 anni. Così ho deciso di pubblicare ciò che avevo scritto per lui qualche anno fa. E’ il mio segno di amicizia che si interseca al desiderio di raccontare un momento che umanamente mi ha lasciato qualcosa di più nella strada giornalistica che ho percorso fino ad oggi. Buona lettura a tutti.

Salvino Cavallaro – Capita a volte di rifugiarsi nei ricordi e di inondarsi di romanticismo, soprattutto quando il presente non dà speranza per il futuro. Conquiste e vittorie anche umili del passato, assumono connotazioni che s’ingrandiscono forse a dismisura. E’ l’amarezza di un pallone che non c’è più, una malinconica discesa nel mondo dei dilettanti che mortifica la storia del calcio milazzese. E così, quasi per caso, mi ritrovo a parlare del Milazzo che fu tra gli anni 1957 e 1963. Il mio interlocutore è l’ex calciatore del Milazzo Agostino La Franca, grande centromediano metodista di quella squadra rossoblu che, pur partecipando a campionati di Promozione, segnò la storia di una Milazzo povera ma ricca di orgoglio e passione per il pallone giocato tra le mura antiche del glorioso stadio “Grotta Polifemo”. Sono ospite a casa di La Franca, invitato ad assistere alla partita di Confederations Cup- Italia – Uruguay, valevole per la conquista del terzo posto. E’ il pretesto per parlare di calcio a 360 gradi, divagando tra pareri tecnici e tattici verso una nazionale azzurra che non ha convinto appieno e che suscita pareri negativi contro Prandelli, capaci di farci diventare tutti Commissari Tecnici improvvisati. E’ la bellezza del calcio che conquista tutti proprio per la sua opinabilità. Ma i commenti di Agostino La Franca sono competenti, mirati, lungimiranti di chi il calcio l’ha vissuto e praticato in lungo e in largo, conoscendo tattiche, allenatori, calciatori e situazioni calcistiche giocate che hanno arricchito il suo lungo corso di calciatore dilettante, serio e attaccato affettivamente ai colori rossoblù delle aquile milazzesi. “Era un calcio diverso, povero di soldi ma ricco di qualità. Io ho sempre giocato in Promozione, ma non mi sento inferiore a chi ha conosciuto categorie superiori. La differenza era data solo dallo stipendio. Ricordo che aspettavo 10 mila lire come fosse manna dal cielo, e qualche volta non arrivavano neppure” dice Agostino La Franca. Ma Milazzo gli è rimasta nel cuore perché, anche se palermitano di nascita, quando ha appeso le fatidiche scarpe al chiodo è voluto rimanere in questa città assieme alla sua famiglia. Da poco tempo è stato colpito da un grave lutto; sua moglie, infatti, è deceduta dopo lunga malattia. Un pezzo di storia affettiva che se ne va, un percorso di vita insieme che va ad aumentare i trascorsi di un bellissimo passato personale. E adesso la sua casa pullula di ricordi, le pareti delle stanze trasudano di malinconici pensieri sul tempo che scorre via velocemente senza tregua alcuna, capace com’è di metterti di fronte a una realtà colma di fragilità e solitudine. Scorrono intanto le immagini televisive della nazionale italiana. Maggio, Montolivo, Chiellini, Gilardino, De Rossi, sono visibilmente stanchi e non offrono uno spettacolo degno dell’importanza dell’incontro. La Franca capisce, ma commenta con una punta d’amarezza rivolta a un calcio che, pur con tutte le attenuanti della stanchezza fisica, non diverte. E così, alla fine del primo tempo, insoddisfatto di assistere a una partita incolore e senza emozioni, mi fa vedere le vecchie fotografie di quando giocava. Ricordi in bianco e nero sparsi qua e là per il tavolo in maniera disordinata, ma capaci di emozionarti nonostante l’ingiallimento che è testimone dell’oltre mezzo secolo volato via inesorabilmente. Tanti sono i ricordi sul campo polveroso del Grotta Polifemo, tanti i compagni che oggi non ci sono più e che hanno rappresentato quel calcio milazzese fatto di valori, di amicizia vera, dentro e fuori dal rettangolo di gioco. I pali delle porte erano quadrati, la polvere s’infiltrava malignamente nei polmoni, il pallone pesava quanto un macigno, ma la tecnica, il gioco di squadra, il gol e il senso d’appartenenza alla gloriosa società mamertina, erano i veri testimoni di un pallone che esaltava i sentimenti. “Vedi Salvino”, dice La Franca con smisurato orgoglio, “Guarda i muscoli delle mie gambe, li vedi? Sono ancora sodi e testimoni della mia lunga attività di calciatore. Una passione viscerale, un qualcosa che entrava direttamente nell’anima. Ho iniziato a giocare a Palermo e ho proseguito poi per buona parte della Sicilia, prima d’approdare a Milazzo….”. E intanto continua il lungo ma piacevole racconto del calcio milazzese che oggi non c’è più. La partita dell’Italia contro l’Uruguay termina in parità. Si disputano i tempi supplementari e poi i calci di rigore. Questa volta, al contrario della partita contro la Spagna, l’Italia vince e conquista la terza posizione della Confederations Cup. Tuttavia, sembra smorzato l’entusiasmo per una vittoria italiana che sa più di recriminazioni su quello che avrebbe potuto essere e non è stato, piuttosto che di voglia di gioire. Agostino La Franca è consapevole di questo. In fondo, il ricordo del pallone milazzese di ieri è stato sicuramente più bello, romantico e pieno di motivazioni, rispetto a una vittoria azzurra che sa più di rimpianto che di gloria. Già, più rimpianto che gloria; ma non è la storia recente del Milazzo Calcio?

 

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