L’addio ad Andrea Camilleri


Foto: a destra Andrea Camilleri.

Salvino Cavallaro – Nel campo della vasta letteratura italiana ci sono storie e personaggi che se non fossero esistiti realmente dovresti inventarli. E invece, vivaddio, Andrea Camilleri è esistito veramente e con lui ci siamo dissetati di quella cultura siciliana che storicamente fa capo ai vari Pirandello, Tomasi di Lampedusa, Verga, Quasimodo, Sciascia e tanti altri artefici di fine pensiero culturale. Ma Andrea Camilleri, “papà” del Commissario Montalbano ha avuto la capacità di raccontare la realtà con intelligente dolcezza e ironia. Aveva 93 anni e da qualche tempo aveva perso la vista ma non la lucidità mentale che gli dava modo di raccontare, dialogare, relazionarsi con la gente di qualsiasi ceto sociale. Nato a Porto Empedocle il 6 settembre 1925, Camilleri ha ovviato il suo non essere più vedente con l’aiuto della sua assistente e agente Valentina Alferj, alla quale dettava i suoi racconti partoriti dalla sua splendida immaginazione. Un maestro della letteratura italiana, autore di oltre cento libri che sono stati pubblicati in età matura. “Un filo di fumo”, “La strage dimenticata”, “La stagione della caccia”, “La bolla di componenda”, libri di nicchia che piacevano molto ai lettori più raffinati. Con la “Forma dell’acqua”, scritto nel 1994, Andrea Camilleri cominciò la sua lunga serie di racconti del Commissario Montalbano, che sono esplosi per notorietà e seguito mediatico nel 1998 con la serie televisiva interpretata da Luca Zingaretti. Con il Commissario Montalbano, Camilleri rese famosi anche Augello, Fazio, Catarella e tanti altri personaggi che ben si sono intersecati alla cultura siciliana di quella zona del ragusano che ancora oggi racconta la Sicilia vera, quella dal terreno secco bruciato dal sole, capace di coinvolgere anche i lettori di quel Nord Italia così lontana per cultura e modus vivendi. Tutto questo è condito da un linguaggio dalla cadenza siciliana comprensibile e intuibile, anche in significati di parole quali, “cabasisi” e tanto altro. Ma certe peculiarità innate di Andrea Camilleri, sono da ricercarsi nella connotazione umana di un personaggio incapace di raccontarsi come un vecchio saggio ma da persona che non amava la solitudine e, per questo, sempre incline al dialogo, alla relazione, alla voglia di incontrare la gente che l’ha sempre ascoltato con particolare senso di devozione. Amava il teatro e nel 1957 era entrato in RAI firmando un contratto da sceneggiatore in alcune produzioni televisive come “Il Tenente Sheridan” interpretato da Ubaldo Lay e poi “Maigret” di Simenon interpretato da Gino Cervi. Andrea Camilleri ha lasciato un patrimonio di vasta letteratura capace di farci riflettere, di insegnarci che nella vita è importante avere un’idea (chiamala pure ideologia se vuoi) e a essa attenersi fermamente ma senza alcuna faziosità, ascoltando le idee degli altri, rispettarle, ma sostenendo sempre con fermezza le proprie ragioni. E poi chissà, c’è sempre tempo per ravvedersi e cambiarle. E’ il pensiero dei grandi uomini, degli illustri autori della letteratura filosofica capace di raccontarci la vita. Così come ha fatto Andrea Camilleri, che dall’antica cultura siciliana ha saputo ricavare la semplicità di raccontare gli amori, gli inganni, le invidie che fanno dell’uomo, nell’eterna lotta del vivere quotidiano.

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