— Giuseppe Stella —
—Ag. Agim —
Dopo il crollo del Muro di Berlino, il 17 febbraio del 1992 nel Pio Albergo Trivulzio di Milano, Mario Chiesa viene arrestato per una tangente da 14 milioni consegnatagli da un imprenditore, certo Luca Magni, il quale lo volle “incastrare” con Antonio Di Pietro.
Iniziò così il valzer di “Mani Pulite”, la nota e dirompente inchiesta giudiziaria italiana che nel 1993 raggiunge la sua massima potenza facendo cadere I POLITICI E I PARTITI della Prima Repubblica con avvisi di garanzia a raffica; intanto, Cosa nostra iniziò una stagione di stragi e attentati e l’economia italiana tracollò: 70 Procure italiane iniziarono ad indagare sulla corruzione nella Pa con accuse a carico di ben 12 mila persone. Imprese e politica vennero prese di mira nel milanese e nessuno pare potesse sfuggire al vortice giudiziario.
Bettino Craxi
A Milano, sotto tiro incappano Psi e Dc allora al potere nel ’92, ma dal 1993 le indagini penali riguardano un po’ tutti i partiti tra cui Pci-Pds e Lega, ma anche grosse industrie come la Fiat, l’Eni, l’Enel, l’Olivett i, la Montedison e il gruppo Fininvest di Berlusconi.
Però, nonostante fosse sotto attacco, la politica non rimase a guardare e il Parlamento negò a Di Pietro il 13 gennaio 1993 l’autorizzazione a procedere per Giancarlo Borra, deputato democristiano di Bergamo, ma anche quello per l’autorizzazione a procedere del leader socialista Bettino Craxi per un avviso di garanzia del 1992.
Craxi, segretario nazionale del Psi, denunciò alla camera ”un gioco al massacro in piena regola della magistratura” per il quale propose persino una Commissione parlamentare d’inchiesta su quelle indagini e sui finanziamenti della politica degli ultimi venti anni. La proposta non ebbe seguito ma le inchieste andarono avanti. Si proseguì con la perquisizione della segreteria amministrativa nazionale del Psi a Roma e Craxi a questo punto parlò di ”golpe”.
Fu’ costretto però a lasciare la segreteria del partito, come anche Giorgio La Malfa del Partito repubblicano, accusato anche lui di un finanziamento illecito. Pure Ciriaco De Mita, già segretario nazionale della Dc, lasciò la presidenza della Commissione bicamerale per le riforme a causa dell’inchiesta scandalo sulla ricostruzione dell’Irpinia che coinvolse suo fratello Michele. Anche Renato Altissimo del Partito liberale si dimise dalla segreteria. Poi fu la volta della segreteria del Psdi con Carlo Vizzini che andò via.
A giugno infine si sciolse la gloriosa Dc, la “balena bianca” della politica italiana che dal dopoguerra fece risorgere il Paese (nel bene e nel male).
Craxi fu poi costretto all’esilio ad Hammamet dove poi morì e non volle essere portato in Italia ma fu sepolto lì.
Fine della I Repubblica dopo la caduta del Muro di Berlino, quasi un legame.
Le ragioni del crollo del Psi alcuni storici lo attribuiscono al nesso col muro di Berlino, ma anche ad errori strategici di Craxi, sul ruolo ambiguo del Pci e sulla Lega, nata come antisistema, che avanzava.
L’esecutivo guidato da Craxi ebbe buoni successi e l’inflazione scese dal 16 al 4%, anche per una politica estera indipendente e coraggiosa.
Nel 1992 l’’avvento della Lega, fortissima al Nord, portò a Roma molti parlamentari e la situazione politica mutò.
Per i socialisti comunque la causa scatenante di tutto lo scompiglio fu la caduta del Muro di Berlino e le sue conseguenze con la fine del Pci.
Il crollo del muro distrusse gli equilibri che avevano retto sino ad allora la Prima repubblica.
L’inchiesta di Mani Pulite fu una conseguenza della crisi che non si poteva prevedere.
La caduta del muro di Berlino assunse rilevanza e riguardò il ruolo del Pci legato alla Russia sovietica.
I comunisti venivano esclusi dai governi per evitare le inevitabili conseguenze della guerra fredda (il caso Moro ne fu una riprova…).
Con la caduta del muro cambiò anche la politica italiana. I finanziamenti illeciti fino al 1989 vennero definiti leciti e quel voto parlamentare fermò le indagini sui rubli di Mosca che giungevano a milioni e milioni al vecchio Pci.
Il revisionismo post comunista però non ci fu e nessuno si pentì.
Ma che ruolo ha avuto la magistratura nella distruzione del Psi e del pentapartito in blocco che allora governavano?
Il pool di magistrati agì in preponderanza in quella direzione e a “senso unico”?
La magistratura certamente si è fatta politica e provocò cambiamenti inattesi, ma poi scese in campo Berlusconi che ruppe le uova nel paniere a tutti, fondando Fi che sconfisse la “meravigliosa macchina da guerra” di Occhetto. E per il cavaliere cominciarono i guai con persecuzioni giudiziarie a catena e a non finire. Dunque, la magistratura continuò dopo la fine di “mani pulite” ad invadere il campo della politica. E non si è ancora fermata, nonostante la corruzione dei giudici, con Palamara che sta cantando e accusando tanti Pm che volevano colpire sempre e solo il Berlusca vittima sacrificale. Una magistratura evidentemente avversa alle compagini che non appartengono alle sinistre. Questo è chiaro ed evidente a tutti gli osservatori, politici e non…
I fatti che stanno emergendo però pretenderebbero che ci fosse una riforma ad hoc della magistratura e della giustizia in sè: ad esempio, i Pm dovrebbero essere votati come i politici ed eletti dai cittadini, dato che esercitano di fatto questo ruolo da tempo col vantaggio non trascurabile di amministrare anche la giustizia, cioè la pubblica accusa. Un doppio ruolo inaccettabile e non certo costituzionalmente corretto.