FINE DI UN AMORE


Nel tentativo di far tornare indietro il tempo e far riapparire Aiz nella sua vita, la luna era l’unica amica con cui il solitario Olluicnaf riusciva a parlare. A casa sua, la luna non bussava mai. Entrava sempre prepotentemente dalla parete a vetro che si affacciava sul terrazzo. Come le emozioni forti che non bussano mai. Era una sera solitaria, Olly leggeva un libro a lungo, finché il suo cuore divenne arido. Gli pareva che la bellezza fosse una cosa plasmata da mercanti di parole. Stanco, chiuse il libro e spense la luce. In un istante la stanza fu inondata dal chiarore zebrato della luna. Il cielo era di un blu notte e la luna sembrava distesa su di esso come una ninfea che galleggiava seguendo una corrente invisibile.

In quella stessa notte, Olluicnaf ritrovò sé stesso perduto negli occhi di Aiz. Delirava. Continuava a ripetere di patire quella passione. All’improvviso si ritrovò steso ai piedi di Aiz con il cuore che lo spingeva verso di lei contro ogni ragione e si chiedeva come avrebbe potuto salvare il suo amore in quell’uragano. Olluicnaf, si era recato in riva all’Ulisse a cercare, in piena notte, un raggio di sole con cui poter scaldare il proprio cuore. Nel grigio più grigio, visitò prima il mercato dei volatili per comprare degli uccelli al suo Amore. Poi si recò al mercato dei fiori per comprare dei fiori, sempre per la stessa amata. Si recò al mercato dei rottami per comprare catene pesanti per trattenere il suo amore. Infine non gli restò che andare al mercato delle schiave per cercarla ma non la trovò. Disperato, avrebbe voluto affrontare con la spada in pugno quel suo amoroso sentimento, per rendere sé stesso libero da ogni desiderio mettendo ai ceppi la propria passionalità.

Da ragazzino aveva sempre seguito il principio: amo perché sono amato. Da uomo maturo pensava di essere amato perché amava. Le sofferenze d’amore che risuonavano così spesso nella sua anima, le ripetute illusioni e delusioni che si incontravano, i tradimenti delle proprie intime convinzioni, sentimenti e affidamenti, l’alternarsi di speranze e disperazioni, forse potevano essere affrontate con più vigore e convinzione se avesse avuto la consapevolezza e la competenza interna che ogni storia può avere un diverso finale e un differente personaggio da interpretare.

Troppo spesso si era lasciato coinvolgere dalla trama esterna della narrazione, appesantita nell’ascolto da ideologie e pregiudizi. L’amore e le sue conseguenze era un argomento in continuo svolgimento e declinazione nella vita delle persone e dunque anche nella sua. Senza la capacità libidica di investire e di rischiare di amare si soffoca lentamente, quietamente senza riuscire ad andare avanti, di non essere più in grado di essere sé stesso e ci si lascia andare ad una grande sofferenza, soprattutto se si reputa di aver perso l’amore “giusto”, quello eterno.

“Le sere azzurre d’estate, andrà per i sentieri,

Punzecchiato dal grano, a calpestare erba fina:

Trasognato, ne sentirà la freschezza ai piedi.

Lascerà che la brezza gli bagni il capo nudo.

Non parlerà, non penserà a niente:

Ma l’amore infinito gli salirà nel respiro,

E andrà lontano, molto lontano, come uno zingaro”.

Seducente il focus sulla natura terribile e insondabile delle passioni d’amore, intreccio complicato che comprende felicità e disperazione, narcisismo e paura della solitudine, in un continuo alternarsi di illusione e delusione. L’amore è uno degli stati emotivi più sconcertanti e contemporaneamente più naturali che attraversano la vita di un essere umano.

Secondo Olluicnaf era un piacevole attentato alla propria illusione di essere autonomo e indipendente e di non avere bisogno di nessuno, che verrebbe da chiedersi perché gli esseri umani si ostinino a tormentarsi, cercando qualcuno d’amare e da cui essere amati? Non sarebbe più semplice accontentarsi di amarsi da soli? Il bisogno di amare e di essere amati può essere inteso come prototipo di ogni bisogno umano, e di ogni relazione tra esseri umani. Essere amati è desiderare di essere visti, e conosciuti, riconosciuti per quello che si è nella propria interiorità più profonda e nascosta, nei propri desideri più sfrenati di esistenza e di libertà. E’ un bisogno di conoscenza, di riconoscenza, di ri-conoscenza. Se non puoi amare l’oggetto del tuo amore, sei condannato a “un perpetuo esilio da una patria inesistente”.

Olluicnaf pensava spesso alla famosa aria di Cherubino nelle “Nozze di Figaro” di Mozart: “Voi che sapete che cosa è amor, donne vedete se io l’ho nel cor.” Quello che provo vi ridirò; E’ per me nuovo, capir nol so…. Ch’ora è diletto, ch’ora è martir….Ricerco un bene fuori di me, non so chi’l tiene, non so cos’è…Tu che sai che cosa è amor, Donna vedi s’io l’ho nel cor”.  Questi versi rimasero sorprendentemente veri. Olluicnaf si chiese se l’emozione che provava fosse amore, e cercò risposte al di fuori di sé.

“Dea possente, non ti adirare per questo con me.”

Gigino A. Pellegrini & G el Tarik

 

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