Beppe Grillo amico della Cina e del Presidente Xi, di recente ha attaccato ferocemente gli Usa di Joe Biden, definito dal comico “maccartista” cioè anticomunista (in modo ottuso e fanatico!!!). La spiegazione esaustiva del termine è nel corpo del servizio. Un G7 anti-Cina?


Il Movimento 5 stelle si è piegato a Pechino e a Xi? Beppe Grillo docet: più volte è stato ospitato in quel Paese dove si è recato a più riprese come “politico” italiano e probabilmente per fare qualche “affaruccio” con loro come tanti sospettano. L’M5s è infatti considerato ormai un solido punto di riferimento Europeo per il Presidente cinese Jinping Xi.

Lo scorso 26 agosto il giornale “La Verità” ha pubblicato un estratto di un servizio di Francesco Bonazza su “Panorama” che riportiamo per dovere di cronaca:

“Chissà se quel che resta dell’elettorato a 5 stelle è davvero convinto che avere come alleati gli Stati Uniti o la Cina sia davvero la stessa cosa? Anzi, che Pechino sia anche meglio perché con i cinesi possiamo fare più affari. Perché fa davvero impressione vedere Beppe Grillo schierato, di fatto, con la polizia filo-Pechino che a Hong Kong spara sugli studenti. Oppure scoprire che il suo glorioso blog beppegrillo.it si è ridotto ormai a un foglio virtuale della propaganda del Partito comunista cinese, con lunghe articolesse che inneggiano al ‘grande impegno’ contro il Covid-19 dei colossi del Dragone, a cominciare da Huawei, Zte e tutti gli altri gruppi para-pubblici dei quali M5s è ormai, di fatto, ambasciatore in Italia”.

“E chissà – continua Bonazza – che cosa direbbe il popolo grillino, se sapesse che le autorità cinesi hanno diritto, per legge, a chiedere qualunque dato sensibile alle sue aziende, comprese le informazioni su chi compra un modem Zte o naviga grazie a Huawei dall’altra parte del mondo. Il governo Conte non trova imbarazzante partecipare alle esercitazioni della Nato e, al tempo stesso, rifiutarsi di bloccare per legge, come hanno fatto Washington e Londra, le forniture cinesi. Con un rischio più che annunciato per l’incolumità di tutti, perché la Casa Bianca ha già avvertito che chi si affida alla superpotenza asiatica per le infrastrutture di rete verrà tagliato fuori dai flussi di notizie dell’intelligence. Detta brutalmente, significa che in futuro, se in qualche centro islamico si preparasse un attentato al Duomo di Milano, ce lo dovremo scoprire da soli”.

“Ma Conte, Di Maio e il ministro dello Sviluppo economico, il pentastellato Stefano Patuanelli, rispondono che basta un giro di vite sul ‘golden power’, ovvero la possibilità, per il governo, di intervenire su singole operazioni in settori strategici per bloccare partnership e scalate sgradite. Il 18 agosto 2020, Trump non ha usato giri di parole: ‘Huawei ci spia, non vogliamo la sua tecnologia. Non condivideremo le nostre informazioni d’intelligence con nessun Paese che usi Huawei”. Il presidente del Copasir, il leghista Raffaele Volpi, ne ha approfittato per provare a stanare una volta di più Conte e Di Maio e ha chiesto che ‘Il governo spieghi che intende fare con Huawei’. Ovviamente, nessuno gli ha risposto perché la strategia dell’esecutivo è semplice: fino alle elezioni americane, meglio non fare nulla di ufficiale e suggerire in privato ai gruppi telefonici che operano in Italia di mettere in freezer le commesse con i cinesi”.

“Ogni volta che l’Italia fa affari con Pechino, si sbandierano cifre che poi è difficile verificare. Negli ultimi vent’anni si è spesso favoleggiato su acquisti di Btp. Ma se si guarda la composizione del debito italiano, si scopre che nel 2011 i cinesi ne detenevano il 4 per cento, mentre negli ultimi cinque anni hanno cominciato a vendere titoli e oggi, secondo gli ultimi dati di Bankitalia, sono ben sotto il 2 per cento. Per ironia della sorte, mentre Beppe Grillo e il suo Movimento occupavano il Parlamento e salivano al potere strizzando l’occhio alla Cina, da Pechino riducevano drasticamente gli investimenti in Italia. Come se XI Jinping avesse trovato il modo di risparmiare sull’attività di lobby”.

“Al netto di ogni discussione sui diritti civili e la democrazia, resta da capire che cosa leghi Grillo a Pechino con tanta convinzione. La Casaleggio e Associati a novembre dello scorso anno ha organizzato un forum per le imprese italiane sull’intelligenza artificiale, il cui ospite d’onore, naturalmente, era Thomas Miao, amministratore delegato di Huawei in Italia. E città a guida grillina come Torino e Roma sono state in prima linea nell’accettare partnership cinesi”.

Parole come pietre, ciò che ha irritato e irritano gli Usa che ovviamente non stanno a guardare.

Ma andiamo a dati più recenti: Grillo la fa ancora più grossa, critica aspramente (col suo stile verbale intriso di tanto astio…) e maldestramente gli Stati Uniti e Joe Biden, il nuovo Presidente Americano: ciò che spacca i grillini

Con Di Maio che “apparentemente” prende le distanze dal suo ex mentore e sostenitore politico, sostenendo che “Russia e Cina con noi Italiani non hanno nulla a che fare in quanto a valori e civiltà”.

Grillo addirittura definisce il Presidente Usa  “maccartista”. Dalla Treccani: “Maccartismo. Atteggiamento politico che ebbe diffusione negli Stati Uniti d’America tra la fine degli anni Quaranta del Novecento e la metà degli anni Cinquanta, caratterizzato da un esasperato clima di sospetto e da comportamenti persecutori nei confronti di persone, gruppi e comportamenti ritenuti sovversivi. Fu così chiamato dal nome del senatore J.R. McCarthy, che diresse una commissione per la repressione delle attività antiamericane, sottoponendo a vigilanza centinaia di persone e operando attacchi personali (per mezzo di accuse in genere non provate) nei confronti di funzionari governativi, uomini di spettacolo e di cultura ecc., da lui considerati comunisti e, in quanto tali, responsabili di minare i fondamenti politici e ideologici della società americana. Alla fine persino alcuni membri dell’esercito furono messi sotto accusa, provocando la reazione del presidente D.D. Eisenhower. I media iniziarono allora a mettere in dubbio i metodi di McCarthy, il quale non fu soltanto censurato dal Senato, ma oggetto di numerose accuse. Il termine è rimasto in uso nella polemica politica soprattutto per indicare un clima di sospetto generalizzato («caccia alle streghe») o un anticomunismo ottuso e fanatico”. Altro che caccia alle streghe! Tutti hanno scoperto poi cos’era il comunismo sovietico, non certo il Paradiso in terra ma il Paese dei Gulag!!!

Poi in Italia si scoprono operazioni di spionaggio sovietico con due funzionari russi espulsi dal nostro Paese (a parte quel capitano della marina traditore che passava informazioni italiane e Nato ai Russi per soldi) e la Cina che contestualmente vieta l’opposizione politica. Ma i concetti sono diversi: in America ci si opponeva ad un sistematico regime dispotico, assolutista, antiumano, contro la libertà di stampa e di pensiero e quant’altro, in Russia e in Cina (due facce della stesa medaglia) gli oppositori di ieri e di oggi sono contro le oppressioni, i diritti umani e ogni tipo di violazione delle libertà naturali. Una cosa ben diversa (opposta) che fa pesare la bilancia dalla parte della democrazia.

Qui i grillini, legati ancora al Beppe comico ci vogliono far credere il contrario e cioè che chi vuole avere un regime di tipo comunista può essere libero di contestare la democrazia: un pericolosissimo e assurdo assunto da ostacolare con ogni mezzo possibile e immaginabile nel nostro Paese e nel mondo. E’ come voler dire che  neonazisti e neofascisti possono ribellarsi contro la democrazia e imporre quel tipo di spietata dittatura che abbiamo vissuto e combattuto con una guerra mondiale che ha causato circa 60 milioni di morti oltre a danni economici stratosferici.

Ma Di Maio assicura che lui è atlantista super e ciò è appannaggio, dicono, della stragrande maggioranza dei grillini (bisogna vedere se è vero!). Se così è allora caccino da quel movimento il loro fondatore come hanno fatto con Casaleggio spudoratamente marxista occulto e antiliberale. Rousseau infatti è stato copiato da Marx che lo apprezzava (questo vale per chi non ha studiato quelle storie)…e tutti sappiamo com’è finita.

Beppe Grillo, che continua a prendersela con gli Usa e fare l’amore con Xi, avrà ovviamente suoi reconditi scopi che prima o poi verranno a galla e saranno dolori. Intanto, lui dovrà uscire da quella “politica” perché noi in Italia siamo per l’Alleanza Atlantica che significa Nato, Onu, Ue e tutti gli altri alleati del Mondo intero che si rispecchiano nella nostra democrazia e valori (i retaggi barbari ancestrali li lasciamo ad altri popoli). Il Patto di Varsavia non c’è più. Il filocinese Grillo dunque se ne vada in Cina, se vuole, l’Italia non perde nulla, anzi ci guadagna moltissimo in onore e dignità e soprattutto in credibilità.

Questo individuo non ha capito e/o non vuol capire che il mondo è diviso, anche militarmente, in due blocchi: l’Occidente (democratico e liberale) e l’Oriente (zone ad Est e limitrofe) antidemocratico e contrario alle libertà, anche quelle essenziali; la seconda guerra fredda di cui parlava Trump è iniziata da un pezzo e taluni personaggi quantomeno equivoci rappresentano minacce per l’umanità, come lo furono per la prima guerra fredda, che causò centinaia e centinaia di morti, i brigatisti rossi e gli stessi ex compagni del defunto Pci furono protagonisti in negativo di quelle truci storie di conflitti ideologici durati anni e anni durante gli anni di piombo. Micce pericolose che bisogna disinnescare al più presto. Il Covid 19? Sarebbe stato accertato dai servizi segreti Usa che la Cina stava preparando la terza guerra mondiale di tipo batteriologico con simili armi letali. Ma l’esperimento ai cinesi sarebbe sfuggito dalle loro mani, accidentalmente??? Le indagini di Fbi e Cia sono in corso e accerteranno le gravi responsabilità cinesi e dei loro alleati.

L’M5S? Un movimento nato da un comico, ex comunista e maoista, che spudoratamente lo ha orientato contro l’Occidente. E non da ora. Un individuo da cui tutti dovrebbero prendere le debite distanze.

DALL’ISPI (ISTITUTO STUDI POLITICA INTERNAZIONALE) RILEVIAMO E PUBBLICHIAMO

I ministri degli Esteri del G7 si ritrovano a Londra per i primi colloqui faccia a faccia in più di due anni. Sul tavolo, la pandemia, i cambiamenti climatici, la crisi in Myanmar, le relazioni con Russia, Cina e Iran e le strategie di difesa comune dalle minacce esterne, comprese le fake news e la disinformazione ‘mirata’. Al di là dei tanti contenuti ‘caldissimi’ però, un aspetto che stupisce è la lista degli invitati: al vertice del gruppo, che riunisce le più grandi economie avanzate (Regno Unito, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone e Stati Uniti), con eccezione della Russia la cui partecipazione è sospesa dal 2014, sono presenti infatti anche Australia, India, Corea del Sud, Sud Africa e sultanato del Brunei, attuale presidente di turno dell’Asean. Inviti che rivelano la fitta trama di relazioni intessute dagli alleati nell’Indo-Pacifico, una regione sempre più al centro delle tensioni internazionali. Il vertice costituisce un’opportunità per affrontare “sfide condivise, minacce crescenti e opportunità da cogliere” ha detto il ministro degli Esteri britannico Dominic Raab inaugurando l’incontro, che serve soprattutto a preparare il summit vero e proprio: quello tra capi di stato in calendario nel Regno Unito – presidente di turno del G7 – il mese prossimo. Sarà il primo di nuovo “in presenza” dall’inizio della pandemia e soprattutto il primo del dopo Trump. Al summit, dall’11 al 13 giugno in Cornovaglia, parteciperà anche Joe Biden nel suo primo viaggio all’estero in veste di presidente degli Stati Uniti.

Un G7 anti-Cina?

A margine del summit il ministro degli Esteri inglese Dominc Raab ha incontrato il suo omologo Anthony Blinken. Durante una conferenza stampa congiunta Raab ha dichiarato che “la porta della diplomazia è sempre stata aperta alle autocrazie”, ma ha avvertito il presidente russo Vladimir Putin, di porre fine alle sue “rischiose sciabolate al confine con l’Ucraina, agli attacchi informatici e alla disinformazione”. Raad ha ribadito inoltre che l’avvelenamento di Alexei Navalny, non è stato solo un abuso dei diritti umani, ma “un uso di armi chimiche sul suolo russo”. Per i paesi riuniti al G7 la tensione con Mosca ha aggiunto l’apice con il divieto d’ingresso in Russia imposto a 8 alti funzionari di Bruxelles, tra cui il presidente del Parlamento europeo David Sassoli, in risposta alle sanzioni europee per il caso Navalny. Riguardo alla Cina, Blinken ha detto che “non è intenzione degli Stati Uniti contenere la Cina, o frenarla” ma di “sostenere l’ordine internazionale basato su regole, in cui i nostri paesi hanno investito tanto e a lungo, a vantaggio non solo dei nostri cittadini, ma delle persone in tutto il mondo, inclusa, tra l’altro, la Cina”. Prima di atterrare nel Regno Unito, Blinken ha accusato Pechino di repressione in patria e aggressività all’estero. Ma ha chiarito che un conflitto militare tra le due maggiori economie del mondo non serve a nessuno e non risponde ai loro interessi: “Ma se qualsiasi paese – Cina o altri – intraprenderanno azioni che sfidano o indeboliscono o cercano di erodere quell’ordine basato su delle regole, ci alzeremo e lo difenderemo”.

In cerca di nuovi alleati?

Al centro degli incontri di oggi, inoltre, le grandi crisi internazionali: Myanmar, Libia, Siria, Iran e Corea del Nord. “Diplomazia e deterrenza” riferisce la BBC, saranno le parole d’ordine. E a sottolineare che i tempi dell’America first di Donald Trump sono ormai alle spalle, Blinken ha affermato: “La sfida per noi è dimostrare che possiamo servire i nostri cittadini e che quando esaminiamo la maggior parte delle questioni che stanno avendo un impatto sulle loro vite, che si tratti di questa pandemia, del cambiamento climatico o delle nuove tecnologie, nessun paese può affrontare tali sfide da solo, nemmeno gli Stati Uniti”. Il Gruppo dei sette mira a corteggiare nuovi alleati per contrastare le sfide di Cina e Russia “senza frenare Pechino” e perseguendo “un rapporto più stabile” con il Cremlino, hanno detto ancora Raab e Blinken. Nonostante le critiche di chi, negli ultimi anni, ne ha sottolineato la scarsa capacità di influenza e rappresentatività (soprattutto dopo il catastrofico incontro di Charlevoix nel giugno 2018), il G7 è ancora una potenza da non sottovalutare: insieme i paesi membri producono una ricchezza pari a 40 mila miliardi di dollari, poco meno della metà del Pil globale, rappresentano un decimo della popolazione del mondo.

Dal G7 al D10?

Le sette principali economie del mondo, insomma, hanno ancora qualcosa da dire e dal G7 dei ministri degli Esteri mirano a uscire con una linea concordata, e dunque più solida, su vari fronti caldi dello scacchiere internazionale. Anche per questo i singoli paesi si sono organizzati per supportare l’India alle prese con una seconda, drammatica ondata di contagi, con iniziative congiunte che saranno annunciate nelle prossime ore. Intanto l’amministrazione Biden ha annunciato che sosterrà l’iniziativa di Pfizer di iniziare ad esportare dosi di vaccino per il Covid prodotte negli Stati Uniti. Si tratta della prima volta che vaccini Made in Usa saranno consegnati a qualcuno che non è il governo americano. Le grandi manovre per espandere il G7 e trasformarlo in un’alleanza di democrazie (D10) da contrapporre al crescente assertivismo russo e cinese, sembrano dunque essere in corso. Finora l’ipotesi, accarezzata dalla nuova amministrazione americana, ha incontrato la resistenza europea che nei confronti di Russia e Cina mantiene un approccio in parte distante da quello di Washington. E poi, anche in seno a un ideale ‘concerto delle democrazie’ i nodi da risolvere sarebbero ancora molti: primo fra tutti la richiesta – più volte reiterata da India e Sudafrica e finora rimasta lettera morta – di sospendere i brevetti dei vaccini anti-Covid per consentirne la produzione in tutti i paesi che ne hanno bisogno. Segno che molti non sono più disposti a rimanere ai margini mentre un piccolo gruppo di paesi si riunisce e decide regole e nuovi equilibri del potere globale. Il mondo di oggi è più complesso, anche se l’America è tornata.

 

 

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