I militari della Tenenza della Guardia di Finanza di Pisogne hanno condotto una complessa e vasta attività iniziata nel 2011 e conclusa nel 2015 che ha consentito di portare alla luce un articolato sistema fraudolento, perpetrato mediante fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, in grado di permettere a numerose aziende utilizzatrici un’ingente evasione ai fini delle Imposte sui redditi, dell’Iva e dell’Irap, con contestuale danno alle casse dello Stato ed indebito vantaggio rispetto alle aziende concorrenti che operano onestamente sul territorio bresciano. I numeri sono davvero sorprendenti, visto che si parla di operazioni per un importo pari a circa 250 milioni di euro e di circa 8.000 fatture relative ad operazioni inesistenti, cioè mai effettivamente realizzate, esistenti solo sulla carta. Un giro d’affari illecito che un imprenditore camuno ha realizzato grazie all’impiego di ben tredici società cartiere, ossia aziende che sono vere e proprie “scatole vuote” preposte soltanto a creare, con false fatturazioni, costi falsi per i loro clienti. Oltre 330 imprese hanno così gonfiato il costo dei propri acquisti per abbattere l’utile e, di conseguenza, pagare meno tasse. La frode è stata oggetto di indagini di polizia sia tributaria che giudiziaria da parte dei finanzieri di Pisogne, che hanno denunciato all’A.G. tutti gli amministratori delle aziende coinvolte e segnalato all’Agenzia delle Entrate l’evasione scoperta che si attesta sui 60 milioni di euro circa, tra Imposte sui redditi, Irap ed Iva non versate. Le sole società utilizzatrici delle fatture false hanno portato in dichiarazione oltre 100 milioni di euro di costi inesistenti, con relativo illecito risparmio delle imposte. La principale difficoltà sul piano investigativo, che ha portato l’indagine a protrarsi per oltre 3 anni, è stata quella connessa alla ricostruzione del fatturato in assenza di ogni benché minima documentazione amministrativo-contabile, visto che tutte le imprese “cartiere”, dopo un brevissimo, ma intenso periodo di fraudolente attività, sparivano, insieme ai loro rappresentanti legali, in genere semplici prestanome nelle mani dello spregiudicato imprenditore camuno.
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